(di Ganni Schicchi) Applauditissimo concerto in Sala Maffeiana dell’Orchestra L’Appassionata, col flautista Tommaso Benciolini in veste di solista, a conclusione del primo semestre di attività 2024. Il giovane complesso veronese, sorretto dalla Gaspari Foundation, si è presentato con un programma che proponeva al pubblico un viaggio fra la ricchezza sonora del Novecento italiano, contrapposto alla vitalità espressiva di compositori italiani della nuova generazione, già affermati in tutto il mondo.
Nel primo caso, con un nome altisonante, quello di Ottorino Respighi, musicista che avvertì fortemente l’esigenza di dare un significativo scossone al mondo culturale “piccolo borghese” strettamente legato al melodramma, utilizzando un linguaggio che non disdegnava il reimpiego delle forme strumentali appartenenti ad un passato glorioso, rivissute attraverso un linguaggio ricco di soluzioni personali.
Ể all’interno di queste complesse problematiche che vanno inserite anche le creazioni in ambito concertistico, a cominciare dalla Suite per flauto e archi proposta da L’Appassionata e dal suo solista, brano tornato di recente alla luce dopo un lungo oblio, e ora pubblicato a stampa dal manoscritto relegato alla custodia del Museo della Musica di Bologna e della Fondazione Cini di Venezia.
Assieme a Respighi, il secondo nome proposto nella mattinata è stato quello di Nino Rota con il suo Concerto per archi, musicista in bilico perenne tra una notorietà popolare acquisita con i film di Federico Fellini ed una produzione parallela che lo pone a buon diritto tra i musicisti di riferimento di una determinata epoca storica.
Con la Suite per flauto e archi di Respighi si respira subito il clima di una suite bachiana caratterizzata da timbri ora gioiosi ora intimi e delicati. Con il Concerto di Rota tutto è invece descritto in maniera lucida, talvolta con grazia settecentesca, altrove con rigore contrappuntistico, abbandonato anche a momenti di una quiete si direbbe mediterranea, caricando la frase musicale di una sorniona ironia.
Il pezzo di congedo si è invece svolto sulle note dell’inedito Concertino per flauto e archi, del direttore Andrea Battistoni (acclamato in sala, anche in veste di spigliato presentatore dell’intero programma), dedicato appositamente all’amico Tommaso Benciolini ed eseguito in prima mondiale. Un brano che intende anche suggellare la collaborazione con la Gaspari Foundation oltre a ribadire la personale amicizia col flautista veronese, al quale ha già dedicato in passato opere come l’ormai celebre “Giardino delle delizie” per flauto e orchestra, ispirato all’omonimo dipinto di Hieronymus Bosch ed eseguito in vari Paesi.
“Ho concepito una partitura per organico cameristico – ha raccontato Battistoni – dove l’impronta programmatica lascia il posto a una musica “pura”, di stile per certi versi neoclassico. Una musica che dal punto di vista compositivo guarda ai modelli del passato, parlando un linguaggio contemporaneo”. Energia e melodismo restano la cifra della sua scrittura, che intende coinvolgere il pubblico di ogni generazione con una musica dall’ impatto tanto ritmico quanto emotivo, grazie a una melodia riconoscibile, in grado di rimarcare l’inestinguibile “gusto italiano” – pur nella sua originalità – al riparo da ogni bizzarro avanguardismo.
Anche nella forma il Concertino per flauto e archi ricalca infatti la classica tripartizione di Allegro, Andante, Allegro, delegando alla parte centrale un ruolo più cantabile: il Moderato cantabile, con intimo sentimento che ci ha rimandato spesso al più noto e melodioso Voyage dell’americano John Corigliano.
Nelle due pagine del suo intervento, Tommaso Benciolini si è mostrato degno erede della grande tradizione italiana (come scordare Severino Gazzelloni), abbinando la ben nota abilità tecnica e qualità del suono ad una intelligente ricerca dello stile più appropriato, sia in Respighi che in Battistoni, tale da valorizzare appieno l’agilità e la versatilità del suo flauto.
Quanto all’Appassionata guidata dal primo violino Lorenzo Gugole (fra le sue fila c’era anche l’ottimo violino di Pietro Battistoni, fratello del compositore), notevole è stata l’abilità del dialogare tra le sezioni degli archi e del vero e proprio gioco musicale tra le parti, per le quali la melodia si sposta o si contrappone con leggiadria sostenuta dai singoli timbri.
Nelle note di Rota, riecheggiano forse Milhaud e Stravinskij, ma con un linguaggio proprio di notevole duttilità: quasi il compositore milanese fosse un prestigiatore felliniano che rievoca con il movimento delle mani, fascinosi panorami sonori. Scontato il successo della mattinata, completata con il dolce Crisantemi di Puccini e col bis del terzo tempo (Allegro molto ed energico) del brano di Battistoni.