( di Paolo Danieli) Il 10 giugno 1024, 100 anni fa, si consumava l’assassinio di un uomo coraggioso: Giacomo Matteotti. In un suo famoso discorso alla Camera aveva accusato i fascisti di aver manipolato i risultati delle elezioni, che quindi riteneva non valide. Poco dopo venne rapito e assassinato. Chiunque avrebbe messo la mano sul fuoco sul nesso causa-effetto fra il suo discorso e il delitto. Mussolini se ne assunse la responsabilità storica e morale. Questa la verità ufficiale.
I dubbi del figlio Matteo Matteotti
A metterla in dubbio, già 40 anni fa, è stato proprio suo figlio Matteo Matteotti, socialista come lui, parlamentare e ministro durante la 1^ Repubblica. Un articolo di Antonio Landolfi dal titolo “La Massoneria e il delitto Matteotti: un’altra verità” pubblicato sul quotidiano del Partito Socialista Italiano, “l’Avanti!” del 27 luglio 1985, riportava quello che il figlio del martire aveva scritto nel suo libro “Quei vent’anni. Dal fascismo all’Italia che cambia”.
Il figlio parlò del delitto anche in un articolo dal titolo: “Dietro la morte di mio padre c’era il re” in cui sosteneva che “l’assassinio di Giacomo Matteotti non fu un delitto politico, ma affaristico. Mussolini non aveva alcun interesse a farlo uccidere. Sotto c’era lo scandalo di petrolio e la longa mano della Corona. La verità verrà presto a galla”. Nell’intervista Marcello Staglieno rilevava che dal libro uscivano “interrogativi interessanti sull’assassinio di Giacomo Matteotti; questi: Vittorio Emanuele III ebbe una parte decisiva nel delitto? Il re implicato in quello scandalo del petrolio (l’affare Sinclair) di cui parlò e straparlò la stampa del tempo e, scoperto da Matteotti, manovrò per assassinarlo?”.
Matteo Matteotti racconta anche che all’epoca del delitto i giornali avevano parlato che suo padre avrebbe dovuto denunciare uno scandalo di bische e petrolio di cui aveva documentazione nella cartella che aveva con sé quando venne rapito.
E fa anche riferimento ad un altro articolo a firma di Giancarlo Fusco su “Stampa Sera” del 2 gennaio 1978 in cui scrive: “Nell’autunno del 1942, Aimone di Savoia, duca d’Aosta raccontò a un gruppo di ufficiali che nel 1924 Matteotti si recò in Inghilterra dove fu ricevuto, come massone d’alto grado, dalla Rispettabile Loggia ‘The Unicorn And The Lion’. E venne casualmente a sapere che in un certo ufficio della Sinclair, ditta americana associata all’Anglo Persian Oil, la futura Bp, esistevano due scritture private.
Dalla prima risultava che Vittorio Emanuele III, dal 1921, era entrato nel registro degli azionisti senza sborsare una lira; dalla seconda risultava l’impegno del re a mantenere il più possibile ignorati (covered) i giacimenti nel Fezzan tripolino e in altre zone dell’entroterra libico”. Aggiungendo: “Sempre sul piano delle ipotesi, ai primi di giugno a De Bono si sarebbe presentato un informatore, certo Thishwalder, con una notizia preziosa: Matteotti aveva un dossier sulle collusioni fra il re e la Sinclair”.
Queste notizie fecero scalpore. Nell’ottobre del 1985 ‘Repubblica’ con un articolo di Alberto Stabile scriveva “L’ipotesi collega il delitto del 1924 con l’affare del petrolio Sinclair. C’era la mano della Corona, nell’omicidio di mio padre. Il figlio di Matteotti riscrive la storia”
Matteotti, osservava la stampa dell’epoca, nonostante non fosse massone, era stato ricevuto da una Loggia. La spiegazione poteva essere che volessero fornirgli dei documenti per destabilizzare il regime. Il dossier comprometteva il re e avrebbe potuto far cadere Mussolini che nel 1945 confidò al giornalista Carlo Silvestri che il delitto Matteotti era stato organizzato da ambienti legati alla finanza.
Il settimanale “Candido”, fondato da Giovanni Guareschi e diretto da Giorgio Pisanò, il 30 gennaio 1986, riprende il caso scrivendo: “L’assassinio dell’esponente socialista fu deciso in un ristretto ambiente affaristico e massonico milanese”. Sarebbe stata “la Massoneria fa uccidere Matteotti per addossare la responsabilità a Mussolini e conseguentemente costringerlo alle dimissioni”.
Mussolini, rivolgendosi alla sorella Edvige, affermò anche che il delitto era stato «una bufera che mi hanno scatenato contro proprio quelli che avrebbero dovuto evitarla» riferendosi ad alcuni suoi collaboratori, De Bono, Marinelli, Finzi e Rossi, quasi tutti legati alla Massoneria. Definì anche il delitto «un cadavere gettato davanti ai miei piedi per farmi inciampare».
Tutti tasselli di un mosaico che racconta una verità diversa da quella ufficiale, con analogie con altri omicidi politici e stragi avvenute successivamente. Ricordiamoci della morte di Enrico Mattei, fatta passare per un incidente aereo e delle stragi avvenute durante gli “anni di piombo”.
Fino a ieri, per esempio, tutti erano convinti che l’assassinio di Aldo Moro fosse stato ideato, organizzato ed eseguito delle Brigate Rosse. Adesso sta affiorando la verità vera. Le Br eseguirono il rapimento e l’omicidio. Ma a muoverle c’erano i servizi segreti di potenze straniere che avevano lo scopo di condizionare la politica italiana. Come spesso accade, la verità esce piano piano nel corso degli anni. E la verità, oltre alla giusta indignazione che deve rimanere nella nostra memoria storica, è il miglior omaggio che si può fare a chi è morto, come Giacomo Matteotti, per le sue idee.