(di Bulldog) Non soltanto non va attuata l’autonomia differenziata, ma vanno abolite immediatamente le cinque autonomie speciali attualmente vigenti nel nostro Paese che non hanno più alcuna ragion d’essere e che, soprattutto, non hanno in larga parte risolto i problemi del territorio. Friuli Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento, Valle d’Aosta, Sicilia e Sardegna non hanno alcun diritto ad essere diverse e privilegiate rispetto alle altre Regioni e Province italiane.

Soltanto la Provincia autonomia di Bolzano può essere considerata “speciale” in virtù del fatto che il suo status è fissato da un trattato internazionale fra Italia ed Austria che ha sistemato, dopo il 1945, i guasti prodotti dalla Prima guerra mondiale.

E la dimostrazione di quanto siano inutili le altre “specialità” la offre la cronaca di queste settimane: la Regione Sicilia è senza acqua perchè da decenni non si occupa delle sue infrastrutture; spende i suoi soldi in “forestali”, in “varie ed eventuali” e non è capace, dopo ottant’anni di autogoverno, neppure a predisporre correttamente i progetti per risolvere la propria sete. L’anno scorso ha presentato più di sessanta progetti da inserire nella cornucopia PNRR e sono stati tutti bocciati da Roma. Un flop così clamoroso che tutta la “onorevole” Giunta siciliana avrebbe dovuto dimettersi ed andare a casa.

Lo stesso Friuli Venezia Giulia – che ha meno abitanti di un quartiere di Milano e pur di non inviare a Roma quattrini finanzia l’acquisto di carburante ai suoi cittadini – sta cercando disperatamente imprese in giro per il mondo perchè banalmente ha soldi da spendere, ma non ha imprenditori.

I promotori woke di questa campagna referendaria – il loro leader europeo è Pedro Sanchez, premier spagnolo che ha amnistiato i leader golpisti e indipendentisti catalani – ci spiegano, avvolgendosi in un Tricolore che non hanno mai difeso nel resto della loro vita, che quella parziale autonomia “à la carte” che la Repubblica Italiana si è impegnata a dare a tutte le Regioni che la chiederanno dividerà il Paese irrimediabilmente.

Sarebbe da chiederlo ai tanti malati italiani, residenti nelle Regioni del sud, che debbono salire al Nord per farsi curare in quanto i loro amministratori non sono in grado di garantire i servizi minimi; oppure potrebbero chiederlo a quei cittadini siciliani che non ricevono dalla loro amministrazione locale acqua potabile dai propri rubinetti.

Il gap del Mezzogiorno non dipende da un Nord cinico e baro. Il gap dipende da ottant’anni di amministrazioni fallimentari, capaci di chiedere il pizzo e non di fornire servizi, di politici che hanno costruito Scampia pagandola quattro volte il costo delle case popolari di Padova (altro esempio clamoroso). Politici che non erano esclusi dalle stanze dei bottoni, ma che di quelle stanze erano inquilini permanenti.

La Sicilia che ha sete dovrebbe ricordare che l’onorevole presidente della Regione di diritto potrebbe essere presente ad ogni riunione del Consiglio dei ministri. Se non ci va, il problema è suo e di chi l’ha votato.

Ora il referendum verrà sottoscritto in larghissima parte dai cittadini italiani residenti al Sud. Può darsi che passi in un’orgia retorica unitaria promossa dai populisti di sinistra (ne cito uno, il presidente della Regione Sardegna, a statuto speciale, che quindi non vuole condividere i propri privilegi). Ma se disgraziatamente passasse, come si risponderà alla richiesta di autonomia votata dal popolo veneto? Manderete i carabinieri a chiudere i seggi con la forza quando il prossimo referendum sarà sull’autodeterminazione?

Quindi, risolviamo il problema alla radice. Zero autonomia e zero statuti di specialità. Palermo vale quanto Venezia. Trento come Milano. Sassari come Bologna. Pordenone come Mantova. Non è più bello e giusto così?