Il segretario regionale della Lega Alberto Stefani è convinto che la presidenza del Veneto spetti al suo partito. Da che cosa derivi questa sua convinzione non è dato di sapere, ma prima o poi dovrà svelarlo. Almeno per convincere gli altri partiti del centrodestra della bontà della sua affermazione.
Intanto però ipotizza già lo scenario con la Lega che corre da sola con un suo candidato presidente appoggiata dalla ‘Lista Zaia’ e da una o più liste autonomiste. Fratelli d’Italia e Forza Italia invece correrebbero assieme con un altro candidato.
Quelli che vogliono ancora Zaia a tutti i costi
La strategia Stefani trova consensi in quell’ala che avrebbe voluto che Zaia fosse candidato per la 4^ volta consecutiva e che ancora non ha rinunciato all’idea. La Lista Zaia senza Zaia è il segno di quanto siano legati al governatore i leghisti del Veneto orientale. Sperare che il proprio punto di riferimento politico possa governare il Veneto per altri 5 anni, anche se tutti gli alleati hanno detto e ridetto che non hanno nessuna intenzione di modificare la legge che lo vieta, è legittimo, anche se denota una certa rigidità.
Ipotizzare che la Lega corra da sola con la rottura dell’alleanza di centrodestra è pure lecito, ma politicamente è una pericolosa corbelleria. Verona insegna. S’è detto mille volte che il centrodestra unito vince, ma che diviso perde o può perdere.
Dopo i risultati delle europee e quello che sta succedendo a Venezia con la giunta Brugnaro che traballa sotto i colpi di uno scandalo, il distacco del centrodestra sul centrosinistra è di soli 7 punti percentuali. Perdendo 3 punti e mezzo vuol dire pareggio. Si scherza col fuoco.
Spaccare la coalizione per non aver avuto il candidato presidente è un’ipotesi assurda, quasi infantile. Come quelli che se non gli fai fare il capo degli indiani “mi butto per terra e mi sporco tutto”.