(di Gianni Schicchi) I trecento anni dalla loro pubblicazione a stampa meritavano una scommessa particolare: e così è stato. Le famosissime Quattro Stagioni di Vivaldi sono andate ieri sera in scena in Arena, con un grande concerto “immersivo” fatto anche di proiezioni tridimensionali. Uno spettacolo sicuramente rivoluzionario, presentato per la prima volta in assoluto nella versione progettata dal Balich Wonder Studio, uno dei gruppi leader del live entertainment più all’avanguardia, che ha creato eventi su larga scala in tutto il mondo, basti ricordare le 14 cerimonie olimpiche o lo spettacolo Michelangelo e la Sistina. 

Una serata dunque dove la musica classica è stata accompagnata da uno show visionario e multisensoriale che ha segnato un approccio completamente nuovo alla tradizione. Un flusso straordinario di immagini tridimensionali di altissima tecnologia, proiettato su un megaschermo e in parte anche sulla platea dell’Arena, aveva l’intento (riuscito) di catturare il pubblico e portarlo in una dimensione emozionante, celebrando la meraviglia della natura (ma non solo) attraverso la partitura delle Quattro Stagioni vivaldiane. 

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“Questo show rivoluzionario – aveva dichiarato Marco Balich, creative director dello spettacolo – rappresenta una sfida per il nostro team: ispirare i giovani e le nuove generazioni ad una riflessione potente sulla natura, il tempo e la bellezza del nostro mondo e renderli fieri e consapevoli del nostro patrimonio artistico e culturale”. Operazione riuscita in pieno, visti i risultati e i consensi ricevuti dal pubblico, anche se ad onore del vero chi è venuto ad ascoltare la musica (qualcuno potrebbe obiettare che Vivaldi si ascolta solo al chiuso di una sala) è stato fortemente distratto dall’invadente visualità. Però uno spettacolo in Arena va anche visto, si dice spesso, abituati come siamo ormai ai colossali allestimenti dell’opera lirica esaltati anche per il loro apporto visivo. 

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Le Quattro Stagioni si prestavano d’altronde all’operazione voluta dalla Fondazione Arena, essendo il ciclo più celebre del compositore veneziano e soprattutto per il suo carattere descrittivo. Quattro concerti ispirati ciascuno ad una stagione dell’anno, che costituiscono un esempio di musica ad altissimo livello ed uno dei primissimi messi a stampa di cui si abbia conoscenza.

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Essi fanno parte dell’opera 8, “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione”, costituendo un punto culminante nella produzione di Vivaldi, dove la maestria del trattamento degli archi e particolarmente del violino solista è veramente eccezionale in un’opera di grande importanza, non solo per l’intrinseca bellezza musicale, ma anche per gli orizzonti nuovi, tecnici ed espressivi, che apre alla musica. Fra loro è risaltato ancora il tempo dell’Estate, il concerto di maggiore efficacia descrittiva di tutto il ciclo, dove è protagonista la tempesta di cui già si avverte l’avvicinarsi da lontano nel primo tempo e che scoppia nel finale in tutta la sua virulenza.

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Giovanni Andrea Zanon, solista e concertatore del brano, è un giovanissimo violinista di Castelfranco Veneto, già incontrato più volte, essendo ormai di casa a Verona per le sue continue apparizioni dalle nostre parti. Il suo modo di suonare è caratterizzato da una accuratezza stilistica e da una esattezza dell’articolazione straordinarie, che ci dà sempre l’impressione di essere alla ricerca di qualcosa di nuovo. Sicuramente è un violinista molto affascinante anche per il suo modo di suonare che sprigiona una gioia incontenibile, una fisicità debordante ed una fantasia espressiva e coloristica uniche.

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Dalla sua guida dell’orchestra areniana, ridotta a 29 elementi per fedeltà alla partitura originale, scaturiscono a chiare note, le qualità principali dell’esecuzione, che sono: la brillantezza, la plasticità, la varietà degli accenti, tutte qualità derivate da una cura del dettaglio ed in particolare delle dinamiche, esasperando i contrasti sonori, i chiaroscuri intensivi. La stessa cosa si può dire però anche dell’allargamento della forbice delle velocità, ma qui mentre i tempi lenti godono della necessaria libertà e di un respiro quasi da recitativo, gli Allegro sono invece ostentatamente ridotti anche a pezzi di bravura, con tempi spericolati, dove si avverte anche la qualità del virtuoso. Ể in questi momenti che il solista sembra quasi farsi un po’ prendere la mano dalla velocità, mettendo la sua tecnica davanti al discorso musicale.

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L’esecuzione è tuttavia innegabilmente trascinante, anche se a volte nervosa e sanguigna, certamente apprezzata dal pubblico più giovane e non smaliziato; in quanto alla lettura di Zanon: è senza dubbio spettacolare, piena di effetti speciali, a suo modo originale, e l’orchestra lo asseconda docilmente nel suo estro interpretativo. Ad allargare il programma è stato eseguito anche il quinto concerto dell’op. 8 (pur non facendo parte delle Quattro Stagioni), quello in mi bemolle maggiore, La tempesta del mare RV 253. Come bis Zanon e l’orchestra hanno poi proposto altri quattro brani, di cui due da Le Quattro Stagioni, che il pubblico (Arena esaurita) ha molto apprezzato subissandoli di applausi e chiamate in proscenio assieme al team di Balich Wonder Studio. Successo pieno della serata.