L’Italia è divisa in 2 anche dagli stipendi. E dalla produttività. Da uno studio dell’incessante attività di analisi economica della Cgia di Mestre emerge un’ulteriore conferma di un’Italia a 2 velocità. Il Nord più ricco, efficiente, produttivo, ordinato, il Sud più povero, disorganizzato e poco produttivo.
La retribuzione giornaliera lorda media nel Nord è di 101 euro. Nel Sud di 75, il 35% in meno. Praticamente la differenza che c’è fra la produttività delle due Italie.
Gli estremi li troviamo in Lombardia, dove la retribuzione media annua lorda dei lavoratori dipendenti è di 28.354 euro, e in Calabria, dov’è poco più della metà. Quasi lo stesso vale per la produttività: 45,7 euro per ora lavorata, e 29,7 in Calabria.
Per salvaguardare il potere d’acquisto delle retribuzioni erano state inventate le gabbie salariali, all’interno delle quali gli stipendi erano commisurati al costo della vota in questa o quella regione. Esse però, per superare gli squilibri retributivi, vennero abolite nei primi anni ’70 e si passò ai contratti collettivi nazionali del lavoro.
Ma le disuguaglianze sono rimaste e in molti casi addirittura aumentate. Ciò è dovuto al fatto che le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie che pagano meglio i dipendenti sono ubicate sono soprattutto nelle aree metropolitane del Nord. Inoltre hanno personale ad alta qualificazione con stipendi decisamente alti. E questo incide statisticamente.
Mentre nel Sud la larga diffusione del lavoro nero ha l’effetto di abbassare le retribuzioni di quello regolare.
Stipendi tutelati dalla contrattazione decentrata
Al contrario, a differenza di altri paesi, le differenze geografiche salariali fra lavoratori del medesimo settore sono minori grazie ai contratti collettivi nazionali di lavoro. Questo però presenta anche una criticità, perché incide sul potere d’acquisto degli stipendi in quanto l’adeguamento all’inflazione avviene molto in ritardo ed il costo della vita è molto diverso fra Nord e Sud. Cosa cui si potrebbe ovviare con la contrattazione decentrata. Così si darebbe risposta alle maestranze del Nord e delle aree più urbanizzate che a seguito dell’inflazione hanno subito molto più degli altri una perdita del potere d’acquisto. Ciò avviene già per il 23,1% delle imprese private con almeno 10 dipendenti.
L’Ufficio studi della CGIA ritiene che per appesantire le buste paga è necessario rinnovare i contratti di lavoro scaduti. A fine giugno di quest’anno erano in attesa di rinnovo 4,7 milioni di dipendenti, il 36%, soprattutto della pubblica amministrazione.
Gli stipendi più alti sono pagati a Milano, Bolzano, Parma, Bologna e Modena. Verona è al 28° posto con una retribuzione media annua di 23.446 euro. Tra le province venete è 4ª dopo Vicenza, Padova e Treviso.
Al Nord si lavora 28 giorni in più all’anno che al Sud. Perché? Oltre all’economia sommersa che non consente di conteggiare le ore lavorate irregolarmente, il mercato del lavoro è caratterizzato anche da tanti precari, molti lavoratori intermittenti, soprattutto nei servizi, e tantissimi stagionali legati al mondo del turismo che abbassano enormemente la media.
I lavoratori dipendenti con il maggior numero medio di giornate lavorate nel 2022 sono stati quelli di Lecco (264,2 giorni), di Vicenza (262,6), di Biella 262,4), di Padova (261,9), di Treviso e di Bergamo (con 261,6). Verona è al 32° posto con 250,1 giornate.
La spiegazione della differenza fra Verona, e anche Venezia, rispetto alle giornate lavorate e alle retribuzioni di Vicenza, Padova e Treviso è da ricercarsi nell’incidenza del turismo e della sua stagionalità.