«È un momento particolare per il Soave, una dominazione che soffre, che purtroppo declassa una gran parte della produzione e deve attuare delle tecniche di controllo dell’offerta. In tutto ciò possiamo però trovare una visione ottimistica, perché il mercato è pronto a recepire certe novità. Ma c’è bisogno di un netto cambiamento». Andrea Lonardi, Master of Wine, ieri pomeriggio ha partecipato ad Appuntamento Soave, una giornata organizzata dal consorzio per discutere e costruire il futuro della denominazione. 

Qual è la situazione che vive oggi il Soave?

«Oggi c’è un aumento del consumo di vini bianchi. Maximilian Scheld, CEO di Arian Abayan – grande azienda di importazione e distribuzione vini in Germania -, nell’ultimo convegno Assoenologi, ha sottolineato come nei prossimi tre anni circa il 70% dei vini consumati nel mercato tedesco saranno vini bianchi e rosati. Ma soprattutto aumenta il consumo di quei prodotti dalla grande espressione territoriale. E questa è fortemente presente nel Soave. Il vino è sempre più inteso come bene culturale e quindi bisogna offrire al consumatore un prodotto identitario. Poi il suo carattere succoso con note di cedro e il finale particolarmente salato sono delle grandissime opportunità per vedere il mercato del futuro in maniera positiva». 

Quindi, numerosi punti di forza da sfruttare…

«A partire dal fatto che il Soave non soffre, ma al contrario gode, del cambio climatico. La ricca dotazione idrica, una varietà rustica come la Garganega ma anche il Trebbiano di Soave, con uno moderato potenziale alcolico e una forma di allevamento contemporanea come la pergola, rendono questa denominazione molto più adatta di altre ad affrontare i limiti che la natura sta imponendo a molte aree del nostro paese e non solo. È poi un vitigno rustico che dà un vino dalla grande longevità, risultato di un territorio incontaminato dall’abuso e dal disordine architettonico». 

E quali sono le problematiche da affrontare?

«C’è una grande disomogeneità. Parliamo di un territorio che, nonostante sia sotto lo stesso nome, ha forti differenze nel suo potenziale qualitativo, stilistico e con costi di produzione diversificati. È come se i produttori corressero su un campo da gioco non omogeneo, e l’unico modo per crescere è crearne uno nuovo, in forte rottura con il passato ma legato ai suoi elementi identitari. Anche lo stile rimane molto variabile e personale, cosa che rende complicata la riconoscibilità da parte del consumatore. A proposito di prezzi poi, la media è inferiore a 3 euro perché venduto soprattutto in grande distribuzione. 

In generale io noto un sistema stanco. La mia visione ottimistica è dovuta infatti ai piccoli-medi produttori virtuosi che hanno fatto molto negli anni, insieme al consorzio e alle cooperative. Alla base c’è un importante fattore sociale, ovvero la volontà della denominazione di trovare una soluzione. Si vuole puntare al rilancio. Ma per un cambio culturale serve un approccio diverso». 

Dunque, che strategia deve sviluppare il Soave?

«Bisogna creare un prodotto stilisticamente riconoscibile, meno personale e più territoriale, non solo in termini di contenuto ma anche di contenitore, con un’immagine nuova, chiara, definita e riconoscibile. È essenziale puntare su qualcosa di nuovo ed esclusivo, con un potenziale produttivo inferiore alla domanda e un perimetro produttivo a cui solo alcuni produttori possano accedere. Non si può fare crescere la denominazione puntando sulla voglia di emergere dei singoli. Negli ultimi anni il consorzio ha fatto lavori egregi nel controllo perché era necessario, ora serve lo sviluppo». 

A livello di comunicazione invece?

«Il Soave deve puntare su una comunicazione semplice, accattivante, che richiami in maniera facile e immediata quello che è il consumatore. Il consumatore del Soave oggi infatti è mediamente anziano, un cliente storico appartenente soprattutto ai mercati di Germania, Inghilterra e Stati Uniti che sceglie il Soave per l’ottimo rapporto qualità-prezzo. Ecco, noi dobbiamo spostarci verso un consumatore nuovo, alla ricerca di quella dinamicità di gusto e stile caratteristica del Soave. Per poterlo fare occorre comunicare in maniera efficace ma soprattutto semplice, un messaggio che arrivi a tutti e allo stesso tempo punti sull’esclusività stilistica del prodotto».