“Gli gnocchi per la cultura veronese sono un’autentica istituzione al punto tale che il re per antonomasia della festa popolare per eccellenza, il Carnevale, è Re Gnocco. Del resto lo gnocco è un prodotto antico per la cultura popolare e la cucina povera italiana, precedente persino alla pasta di grano duro e agli spaghetti: nel 1348, Giovanni Boccaccio, nel descrivere le meraviglie gastronomiche del leggendario paese di Bengodi parla dei maccheroni, in realtà intendeva gli gnocchi come Luigi Messedaglia, storico dell’alimentazione italiana, riuscì a spiegare notando che gli gnocchi altro non erano che pezzetti di pasta di farina di grano tenero cotta nell’acqua.
E’ nell’etimologia poi che troviamo il punto chiave: gnocco deriva dal veneto gnòco «protuberanza, gnocco», forse dal longobardo knohhil (pronuncia knoil) “nodo nel legno” che è intuitivo essere alla base del knodel sudtirolese o canederlo in veneto. Insomma, gli gnocchi sono veneti ma come tutte le grandi intuizioni popolari vengono esportati e declinati nelle varie cucine locali”.
Lo ha detto il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti aprendo la conferenza stampa di presentazione dei “Gnocchi della Lessinia. Un Piatto tradizionale del Veronese”, tenutasi oggi a Palazzo Ferro-Fini.
“Le prime ricette degli gnocchi sono pubblicate per la prima volta nella seconda metà del Cinquecento da parte di Cristoforo Messisbugo e Bartolomeo Scappi, due tra i più grandi cuochi del Rinascimento: i ‘maccaroni detti gnocchi’ sono impastati con farina, pangrattato, acqua bollente e uova, poi passati ‘su il rovescio della gratugia’, proprio come si fa con gli odierni gnocchi di patate. Ancora oggi il Macaronicorum Collegium – Amici di Merlin Cocai, i seguaci di Teofilo Folengo nel Bassanese, hanno come simbolo appunto la grattugia e potrebbero raccontarci che se serviti asciutti, il loro condimento è quello tipico di tutta la pasta rinascimentale composto da burro, formaggio e spezie (e un po’ di zucchero, a piacere)”, ha proseguito il Presidente.
“Alla fine dell’Ottocento gli gnocchi dalla cucina povera italiana passano a quella borghese, come testimonia Pellegrino Artusi che nel suo ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’ spiega che ‘la famiglia de’ gnocchi è numerosa’: oltre a quelli in brodo vi sono quelli di patate e di farina gialla per minestra e quelli di semolino e alla romana, e quelli al latte per dolci. Senza avventurarmi lungo lo stivale, e rimanendo in Veneto, potrei rammentare gli gnocchi di Posina, pensando al collega Andrea Cecchellero che fu Sindaco della località montana famosa sin dal Secondo Dopoguerra, per le sue trattorie e per gli gnocchi che ancor oggi fanno il tutto esaurito nei fine settimana.
Potrei rammentare le versioni lagunari degli gnocchi, ma è pur vero che Verona ha fatto dello gnocco un simbolo oggi esaltato appunto nella Lessinia come prodotto tradizionale ed emblema di una storia antica di una terra bellissima dove la tradizione si coniuga con l’alta qualità. All’amico e collega Enrico Corsi va il mio ringraziamento per aver voluto celebrare in Consiglio Regionale l’inserimento dei Gnocchi della Lessinia nell’Elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali”, ha concluso Ciambetti.