(di Sebastiano Saglimbeni) Di recente il siciliano Pippo Avola*, scomparso nel 1991 all’età di 45 anni nella città scaligera dove era approdato dopo il soggiorno a Roma, è stato recato in memoria con l’edizione di un suo libro singolare. Di lettere e poesie (Scripta edizioni) con una agile e armoniosa introduzione di Maria Grazia Bruno. Una introduzione che motiva a leggere e a meditare e che, fra l’altro, recita: ”I nuovi incontri, le lunghe discussioni sulle nuove tendenze del capitalismo, il nuovo che maturava e andava diffondendosi nei movimenti e in ogni settore, appassionavano il giovane Pippo e lo ponevano necessariamente a confronto con la realtà quotidiana e con la nuova, ‘storia’ che costituiva il retroterra. Nelle poesie che nascono da questa sorgente d’ispirazione è evidente una ricerca stilistica, una serie di immagini che si sovrappongono con rapidità”.
Nei testi, in apertura del libro, dall’ampia versificazione è omessa l’interpunzione, in altri, distribuiti nel mezzo della pagina verticali, qualcuno con un verso di una sola sillaba, è rispettata. I testi brevi ci rievocano quelli di Giuseppe Ungaretti prediletto dal nostro Avola.
E si legga, ad esempio, “Sofferenza”:
La folla
mi opprime.
Una marea
di cose e
di gente
mi soffoca
inesorabilmente.
Ti ho cercata
ma
inutilmente.
Un dire di sé qui ed in atri tratti dei versi liberi, senza alcun indugio alla ormai desueta rima, e lirismo, certa “sofferenza interiore” e istanze sociali, dal caustico lessico caratterizzante l’uomo, un giusto dalla costante volontà di conoscenza in diversi campi del sapere. Ironia e polemica e nella sezione, dal titolo ”Leggendo Saffo”, la poetessa mai in tramonto, dalle brevi liriche e dai frammenti, si leggono brevi testi, alcuni di otto versi. Il sapore saffico qui in questo testo dal titolo ”Cosi” :
Ti amavo
e ti perdevo
così
naturalmente.
e visse un solo
giorno
il nostro amore
come i fiori.
Una cosa rara
fu il nostro amore.
Da ricordare il lamento e l’odio del giovane Avola nei confronti dell’Isolamondo e la volontà di uscirne, come, d’altro canto, tanti, poeti e scrittori, che uno studioso ha definito “Gli autori della diaspora”. E, in conclusione di questa breve nota, fra tanta messe poetica, sottratta all’oblio, questa di Avola.
*Chi era Pippo Avola
Non sono molti i veronesi che sanno chi era Pippo Avola. Ma quasi tutti lo conoscono nell’ambiente della cultura e dell’arte che nella nostra città è stato particolarmente vivace e produttivo tra la 2ª metà degli anni ’60 e gli anni ’70 del secolo scorso. Pippo Avola era giunto a Verona dalla sua Modica, dov’era nato e dov’è sepolto, nel 1969, a 23 anni, per amore di Maria Grazia Bruno, diventata poi sua moglie. Come tanti meridionali aveva accettato un posto d’insegnante in riva all’Adige, ma s’era presto stufato, preso com’è sempre stato dalla passione per la letteratura e l’arte figurativa. Diventa presto gallerista ed editore di grafica artistica, affermandosi per il gusto e le intuizioni.
Ha edito cartelle di grafica artistica (acqueforti acquetinte, tre o quattro a cartella) con le sue Edizioni Linea 70 ed elenco di autori di testo di presentazione, spesso una poesia.
Tra i locali una cartella di Arduini, Casari, Le Rose e una di Roberto Roque, messicano, insegnante di arti visive dei “ricoverati” dell’allora Manicomio di Marzana
La sua vita fu breve. Morì per un ictus nel 1991.