(di Bulldog) Il referendum sulla cittadinanza è una bella notizia. Per la prima volta agli Italiani verrà chiesto direttamente se sono favorevoli o meno alla gestione attuale dell’immigrazione che è di fatto in mano ai trafficanti di esseri umani con la complicità delle ONG e della stampa woke con annessa magistratura.

Chiedendo agli Italiani se sono disposti a dimezzare i tempi di concessione della cittadinanza italiana ai residenti stranieri nel nostro Paese (presenti stabilmente, con un reddito certo, con la conoscenza approfondita della lingua italiana e che non siano elementi pericolosi per la società ovvero delinquenti o terroristi) di fatto si chiede se questo caos potrà durare ancora a lungo e come.

Perchè è evidente che regolando – nuovamente – la legge sulla cittadinanza non si potrà soltanto premiare i meritevoli, ma si stabilirà, si spera, anche una linea di confine chiara su chi ha diritto o meno di entrare nel nostro Paese. E finalmente i contribuenti italiani – che pagano tutto il carrozzone: politici, magistrati, poliziotti, immigrati, ONG e coop che li gestiscono ecc ecc – potranno dire la loro.

Il fatto che 600mila Italiani abbiano firmato per esercitare un diritto e proporre un tema al resto della popolazione è un bell’esercizio di democrazia (magari potremmo chiederci perchè la sinistra al governo negli ultimi dieci anni non ha fatto direttamente una bella legge al riguardo, ma tant’è…) che adesso va completando dicendo, ciascuno di noi, quello che vuole in tema di immigrazioni. Ovviamente, il problema è un non problema: l’Italia da sola realizza il 25% delle naturalizzazioni europee: nel 2022 sono diventati Italiani 213mila immigrati (21mila vengono dal Sud America); la Spagna ha dato il suo passaporto a 181mila stranieri (i latino-americani diventano spagnoli in due soli anni), la Germania a 166mila; la Francia a 114mila; la Svezia a 92mila. Poi, il vuoto.

Ma, insomma, noi Italiani gli immigrati li vogliamo o no? siamo disposti ad accogliere gli irregolari che ci vengono portati dalle ONG spagnole, francesi e tedesche? siamo disposti a dar loro vitto, alloggio, pocket money nell’attesa che si sistemino? siamo disposti a dar loro un contratto di lavoro, una casa in affitto anche se neri o musulmani? siamo disposti a far arrivare le loro famiglie in modo che possano tentare di ricostruirsi una vita coi propri affetti? Se sì, possiamo accogliere la richiesta di dimezzare il tempo necessario per diventare Italiani.

Se siamo contrari, dobbiamo avere la voglia di dirlo, di partecipare al dibattito, di presentare contro-proposte. La via democristiana – non dico no, non dico sì e vediamo se il laissez-faire magari funziona – non è più praticabile. Nascondersi sotto le cottole dei preti non risolve i problemi dati dallo scontro di culture che ogni immigrazione porta necessariamente con sè.

L’Italia, i contribuenti italiani devono dire se vogliono o non vogliono gli immigrati. E la politica ne deve prendere atto.

Certo, i benpensanti di sinistra non dovrebbero cullarsi troppo nel fatto di aver creato il problema, aver finto di risolverlo e sperare che gli altri Italiani accettino le loro pensate. Magari, in questi anni, avrebbero potuto – fra le tante cose – attrezzare una scuola più performante verso i giovani immigrati, specialmente le ragazze, offrendo a loro quell’insieme di valori che reggono la nostra comunità. L’ha fatto questo la scuola italiana? direi proprio di no.

E i benpensanti di destra oltre a dire no a tutto (compreso negare i luoghi di culto o i campi per praticare il loro sport) dovrebbero impostare una seria legge sull’immigrazione che stabilisca meglio chi può chiedere immediatamente di trasferirsi in Italia – magari sfruttando meglio lo ius sanguinis in quei Paesi da cui potremmo prendere giovani professionalizzati, di cultura latina e religione cristiana offrendo loro benefit veri per trasferirsi nel Bel Paese e metter su famiglia.

Insomma, il referendum può diventare una bella occasione per diventare – noi Italiani – più adulti in tema di immigrazione e prendere decisioni serie e coerenti. E se vinceranno i no, la politica – compresa quella woke – ne dovrà prendere atto e sigillare le nostre frontiere.