A quasi un anno dall’attacco terroristico di Hamas ad Israele, con la sua catena di stupri, morti e sequestri di persone; dopo dodici mesi di guerra nella striscia di Gaza, e a meno di un giorno dall’attacco iraniano alle città israeliane, il Radar SWG è andato ad intervistare l’opinione degli Italiani (le domande sono state poste e computate prima del bombardamento ordinato dalla teocrazia di Teheran).
Il conflitto arabo-israeliano – che dura praticamente ininterrottamente dal 1948 – entra quotidianamente nelle case attraverso telegiornali e programmi di approfondimento. E dopo la prima ondata di sconcerto per la brutalità dell’attacco del 7 ottobre 2023, l’opinione pubblica ha iniziato a prendere le distanze dal governo di Tel Aviv.
Lo dimostra abbastanza chiaramente la slide in apertura: un Italiano su due si “scopre” neutralista in caso di ulteriore aggravamento della situazione e soltanto un intervistato su quattro (poco meno nella realtà) si dichiara convintamente dalla parte di Israele. Questa percentuale sale ad un elettore su tre nel campo del Centrodestra mentre cala ad uno su cinque nel Centrosinistra.
Non a caso, gli Italiani condannano le operazioni di Israele nel Libano contro l’organizzazione Hezbollah (organizzazione ritenuta terroristica e coinvolta nel traffico di droga internazionale dalla gran parte delle Nazioni occidentali) “dimenticando” tutta la storia recente del Libano e i bombardamenti che Hezbollah ha condotto nel nord di Israele in tutto l’ultimo anno. La maggioranza degli intervistati è contraria all’allargamento al Paese dei Cedri del conflitto, ma anche in questa domanda si fa palese la differenza di approccio nelle due ali dello schieramento politico italiano: un elettore su due nel Centrodestra approva la decisione del governo di Bibi Netanyahu, percentuale che si dimezza nel campo opposto.
Ha suscitato scalpore – e preoccupazione – soprattutto l’attacco ai vertici ed ai quadri di Hezbollah attraverso i device tecnologici che sono ampiamente utilizzati nelle società moderne: scoprire che cercapersone, telefoni cellulari, radiotrasmittenti sono delle bombe potenziali ha colpito l’immaginazione degli Italiani più dello sviluppo delle tecnologie militari su droni che hanno cambiato il volto della guerra moderna negli ultimi due anni.
In buona sostanza – un po’ per il retaggio neutralistico cattolico, un po’ per il tam tam mediatico woke, un po’ per la scarsa conoscenza della storia recente e delle politica – gli Italiani pensano ad una soluzione del conflitto arabo-israeliano un po’ datata: oggi simpatizzano di più coi Palestinesi, cui si perdona tutta la stagione terroristica da Al Fatah in poi, verso cui mostrano una maggiore empatia rispetto ai cittadini israeliani (i primi triplicano i sentimenti positivi; i secondi li dimezzano) e sostengono con maggiore decisione il riconoscimento di uno Stato palestinese (quindi la soluzione: due popoli, due stati) che nei fatti è divenuta sempre più difficile da attuare. Bisognerà vedere quanto questo approccio reggerà alla possibile ripresa del terrorismo nei Paesi europei e quanto ampio sarà quindi l’effetto-pendolo della pubblica opinione italiana e continentale che, al pari dei Governi, sembra decidere il proprio approccio, e le proprie strategie, sulla base delle emozioni.
Nonostante quanto sopra, gli Italiani hanno colto un segno importante: è la slide qui sopra e conferma che il caos attuale è dovuto anche all’assenza di potere vero delle Nazioni Unite che sono incapaci di esprimersi con una voce univoca e di imporre un cambiamento agli Stati. Il gioco dei veti rende immobile l’ONU cui gli Italiani non affiderebbero più un ruolo di leadership anche militare nella soluzione delle crisi. In tre lustri l’opinione è completamente cambiata.