(di Bernardo Pasquali). Il Premio Castelli è quest’anno è stato consegnato a Verona e ha visto la vittoria di Massimo Biagini con il testo letterario “Si’, c’è ancora un domani”. Al secondo posto si è classificato Giovanni Di Guardo con “Acque Tempestose” e al terzo posto Giuseppe Lauretta con “Cecità”. Il Concorso che ha come organizzatore la Federazione Nazionale Italiana “Società di San Vincenzo de Paoli ODV” gode del patrocinio del Senato della repubblica e della Camera dei Deputati, oltre al Ministero della Giustizia.
Come afferma, Paola De Ros, Presidente Nazionale della San Vincenzo de Paoli: “L’idea di un concorso letterario dedicato ai detenuti trova radici profonde, nella convinzione che ogni essere umano, indipendentemente dal proprio passato, abbia diritto ad essere ascoltato”. La Presidente che ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, continua “la scrittura assume un ruolo profondamente caritatevole. Dare la possibilità a un detenuto di esprimersi, di raccontare la propria storia, significa riconoscerne la dignità e l’umanità, e questo è un atto di carità nel senso più profondo del termine”.
173 testi sono pervenuti alla giuria del Premio Castelli
Anche quest’anno il Premio Castelli ha ottenuto un grande successo di pubblicazioni, 173 testi, provenienti da tutti i carceri d’Italia. La giuria ha affermato come le proposte siano state tutte molto forti ed emozionanti e come sia stato difficile selezionare i primi tre scritti. Secondo Alessandro Ginotta, Responsabile dell’Ufficio Stampa della San Vincenzo Nazionale, “Massimo Biagini si è distinto da tutti gli altri per la tecnica di scrittura, e per come ha centrato il tema.Inoltre ci ha stupito il suo stile, molto simile ad un vero scrittore professionista. Un testo profondo, emozionante che scava dentro le coscienze dell’umanità”.
L’argomento di quest’anno era “Perché? – Ti scrivo perché ho scoperto che c’è ancora un domani”. Un titolo che invita a riflettere sul valore della speranza e sul riscatto possibile. Il Premio Castelli, dedicato alla memoria di Carlo Castelli, figura di spicco del volontariato vincenziano e promotore della Legge Gozzini, diventa un mezzo per costruire un futuro condiviso, sottolineando l’importanza del sostegno reciproco, anche in contesti difficili come il carcere.
Ti scrivo cara coscienza…
Sono le prime parole del testo di Massimo Biagini che ha vinto il Premio castelli 2024. Un testo ricco di speranza e di “vita”. Egli scrive: “La privazione della libertà è una lezione una lezione che in modo brutale ti fa capire quanto essa sia preziosa. […] Solo quando la perdi ne apprezzi il vero valore”.
Alessandro Ginotta ci tiene a precisare come “l’esperienza che abbiamo avuto, da sempre, da quando è nato questo concorso letterario, tutte le persone che abbiamo incontrato e conosciuto, ci hanno sempre dimostrato una grande umanità e normalità, se si può affermare questo… E questo ci riporta alle parole di Papa Francesco, il quale, durante una visita ad un carcere ha affermato, qui dentro ci potrei essere anch’io”.
La scrittura salva la vita
Alessandro Ginotta afferma: “Scrivendo, non solo si salvano la vita ma ci sono tre cose positive in questo Premio Castelli. Primo l’autore stesso che scrivendo si aiuta a fare pace con il suo passato. La seconda parte è il valore pedagogico del Premio, perchè, uscendo all’esterno, questo racconto, può essere utile a chi vive una vita o esperienze border-line e che rischia di fare gli stessi errori dell’autore. Il terzo aspetto importante che io ritengo fondamentale rispetto ad altri premi che esistono nelle carceri, il Premio Castelli da un doppio Premio.
Chi scrive riceve una quota di denaro per se stesso e un altro importo viene usato per finanziare un altro progetto di reinserimento per un altro detenuto, in un altro carcere italiano”.
Ci sarà un domani anche per gli ultimi, i dimenticati, i reietti…
Sono parole forti quelle che scrive Massimo Biagini nel suo testo con cui ha vinto il Premio castelli 2024, da cui traspare come sia purtroppo facile incappare in errori che possono sostanzialmente cambiare la vita. “Persone normali, padri di famiglia, comuni cittadini che nulla hanno a che vedere con l’istinto malversatore del criminale ma che, purtroppo si sono trovati commettere atti anche gravi generati in un momento di follia, di rabbia cieca.”
Ma è la sua conclusione che ci deve far riflettere e che, in un certo senso, mette i brividi… “Certamente ci sarà un domani anche per loro, ma essi dovranno affrontare una doppia espiazione, la prima riguarda il conto interminabile delle ore dei giorni, dei mesi, degli anni che li separano dalla libertà, la seconda, forse la più dolorosa, è la ‘revisione critica’ che dovranno intraprendere con la propria coscienza”.