(di Simone Alessandro Cassago) Nucleare, la produzione si riaccende, ma non per tutti. Secondo un recente report dell’Agenzia Internazionale dell’energia nel 2025 la produzione di energia nucleare dovrebbe raggiungere il massimo storico a livello globale. Si arriverà a superare il precedente record stabilito nel 2021, grazie all’incremento dell’attività degli impianti francesi, al riavvio di diversi reattori in Giappone e all’entrata in funzione di nuovi impianti in Europa e in molti altri Paesi tra cui Cina, India, Corea del Sud.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che nel 2026 la produzione nucleare globale sarà superiore di quasi il 10% rispetto al 2023. La lotta al cambiamento climatico e il conseguente abbandono dei combustibili fossili, uniti alla necessità dell’Europa di accelerare l’indipendenza dalle importazioni di petrolio e di gas dalla Russia hanno portato a una rinascita dell’interesse per l’energia nucleare. Nel 2022 l’Europa ha incluso l’energia nucleare nella lista degli investimenti sostenibili, riconoscendone il ruolo di combustibile di transizione verso una rete e a consumi energetici completamente rinnovabili.
Nonostante la costante opposizione di numerose formazioni politiche e la spinta contraria di vari governi, tra i quali la Germania, il nucleare quindi potrebbe rientrare in una solida prospettiva tra le fonti di approvvigionamento. Dopo l’installazione e il relativo collegamento alla rete di sei nuovi reattori nel 2023, attualmente su scala globale sono in funzione 413 reattori nucleari. Sempre secondo le previsioni della IEA, Agenzia Internazionale dell’Energia, il nucleare dovrebbe crescere a un ritmo del 2% annuo fino al 2030, anche se va ricordato che la costruzione di nuovi impianti è molto costosa.
Nell’ultimo decennio la capacità di produrre energia atomica, sempre a livello globale, è rimasta piatta a fronte di una crescita media totale dell’economia pari al 2,5 % annuo. Un trend negativo che ha portato la quota del nucleare a scendere dal 13% al 10% rispetto alla produzione di energia elettrica mondiale, ma che come rilevato sopra potrebbe essere destinato a invertirsi, ma a macchia di leopardo. Vediamo perché. Da un lato lo scenario più prudente vede l’energia nucleare crescere a un ritmo del 2% annuo fino al 2030, spinta soprattutto dalla necessità dei governi nazionali di operare la tanto attesa transizione delle energie fossili.
Questa crescita, però, non sarà distribuita equamente a livello regionale. Oltre il 70% della nuova capacità nucleare a livello mondiale sarà prodotta in Asia, dove si registrerà un progresso medio del 7%, spinto dal forte contributo offerta dalla Cina per la quale si stima una crescita del 5%. In Europa e negli Stati Uniti si avrà un progresso medio del 10%, considerando gli elevati costi per costruire nuove centrali.
Con il nucleare più indipendenza energetica
Questo vale soprattutto in Europa dove, fatta salva la Francia che occupa stabilmente una posizione di leadership nella produzione, l’utilizzo di energia nucleare è limitato a Paesi come Germania (dove però è stata messa “in sonno” per le pressioni degli ambientalisti e sostituita da un ritorno al carbone), Belgio, Slovacchia e l’Ucraina prima dell’invasione russa. Un quadro delineato dal grafico che riportiamo con le previsioni di crescita del nucleare fino al 2050, diviso per macroregioni globali.
Ma vediamo i vantaggi e gli svantaggi dell’energia nucleare. Sul versante positivo il ricorso a questa fonte di energia presenta numerosi aspetti favorevoli: non produce emissioni dirette di carbonio o di gas climalteranti ed è in grado di fornire energia in qualsiasi stagione e in ogni momento della giornata, indipendentemente dalle condizioni metereologiche. Infine richiede meno materiali rispetto a altre fonti energetiche alternative al carbone. Insieme alle rinnovabili l’energia atomica è inoltre la fonte con il più basso tasso di mortalità, anche se resta aperto il problema dei costi e dello smaltimento dei rifiuti.
vantaggi e svantaggi (ma poi c’è la politica)
Esperti e analisti favorevoli all’uso del nucleare sottolineano che la quantità di rifiuti è però molto bassa: si stima infatti che se utilizzassimo solo energia nucleare per i consumi energetici di una vita intera produrremmo un volume di scorie pari a una lattina di alluminio. La possibilità di immagazzinare le scorie nucleari è vantaggiosa rispetto al materiale di rifiuto prodotto dalle altre fonti energetiche, oltre al fatto che i barili che contengono scorie nucleari sono resistenti ed estremamente durevoli, con elevati standard di sicurezza.
I contrari, invece, puntano il dito sul rischio insito nel fatto di dover stoccare in sicurezza questi rifiuti per centinaia di anni (quelli a media attività) o addirittura per migliaia di secoli (nel caso di rifiuti ad alta attività). I veri ostacoli al nucleare sono però di natura economica, considerato che costruire un nuovo impianto è costoso e complicato. Dalla fase di progettazione fino alla sua messa in funzione una centrale nucleare impiega in media circa 14 anni per essere costruita: ma molto spesso i tempi si dilatano e anche i costi.
Per citare un esempio di quanto appena detto, possiamo prendere a campione la costruzione del mega progetto di Hinkley Point in Gran Bretagna (due reattori da 1600 megawatt di potenza): iniziata nel marzo del 2017 per essere operativa a giugno 2026, è già oggi in ritardo di 18 mesi. L’azienda che la sta realizzando, Électricité De France, ha però già stimato ulteriori 15 mesi di ritardo e costi più alti del 50% rispetto al progetto iniziale. Tuttavia secondo gli analisti di settore le nuove tecnologie, come i piccoli reattori di costruzione modulare (small modular reactors), i reattori di quarta generazione e la futura fusione nucleare (che ci porterebbe al “nucleare pulito”) potrebbero cambiare le regole del gioco permettendo di ridurre tempi e costi.
Un’ulteriore spinta al settore del nucleare potrebbe arrivare dagli investitori istituzionali, dopo che l’energia atomica è stata per decenni un tabù assoluto per molte società attive nel contesto degli investimenti sostenibili. Uno stop generato sia dalle questioni legate allo smaltimento dei rifiuti che dalla sicurezza sul lavoro e anche per il timore di nuovi gravi incidenti come quello accaduto nell’aprile del 1986 a Chernobyl. Anche se emerge una timida apertura al dialogo e al confronto (ne avevamo parlato in questo articolo a proposito di una manifestazione a Verona: lo trovate a questo link.
Sito nucleare? spunta l’ipotesi Marghera…
In quel momento, anche senza una vera consapevolezza di benefici e svantaggi del nucleare e con un dibattito viziato dalla trasformazione in uno scontro politico, in Italia con il referendum abrogativo del 1987 l’opinione pubblica decise a maggioranza di chiudere la porta agli sviluppi nel nucleare. Una posizione che sembra riproporsi ancora oggi, nonostante qualche timida apertura motivata dall’aumento dei costi di approvvigionamento energetici e dalla necessità da un lato di aumentare la nostra autosufficienza dai fornitori, e dall’altro di ridurre il più possibile la dipendenza dalle fonti più inquinanti e meno sostenibili.
Sì, perché oggi il vero nemico da combattere è l’emergenza climatica dovuta all’eccessiva presenza in atmosfera di gas a effetto serra di cui il carbonio delle fonti fossili è parte preponderante. In quest’ottica il nucleare ha assunto adesso più che mai un ruolo importante nella transizione dalle fonti fossili, rappresentando un’energia pulita alla stregua dell’eolico, dell’idroelettrico e del solare. Una conferma, come abbiamo anticipato, venuta anche dall’Unione Europea, che ha inserito il nucleare nel quadro della finanza sostenibile. Una scelta che sta portando a una rivalutazione complessiva della politica energetica degli Stati membri.
Ma ecco che all’improvviso, nel mezzo del tranquillo convegno Venice Hydrogen Forum 2024, l’ex ministro Renato Brunetta se n’è uscito con una provocazione che riporta l’Italia sotto i riflettori del nucleare e riaccende le polemiche. Ha detto che “sia per la sua vocazione industriale che per l’accessibilità al porto, Porto Marghera può essere un sito adatto ad accogliere centrali nucleari di nuova generazione”. L’attuale presidente della Venice Sustainability Foundation ha poi aggiunto che c’è la necessità sempre più impellente di trovare fonti di energia rinnovabili e pulite, e che ormai il nucleare è la tecnologia più sicura al mondo. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha confermato, precisando che “i reattori nucleari hanno livelli di sicurezza altissimi. Siamo rimasti tutti scottati da Chernobyl, ma guai alla mono energia, perché il futuro è fatto di energie congiunte”. Approvano l’ipotesi Confindustria Veneto Est e CNA artigiani, mentre immediata la contrarietà di Verdi, Pd, Cgil e M5S.