(di Bulldog) E’ il tema di questi giorni e L’Adige ne ha ampiamente parlato da tempi non sospetti: la sanità è il “terreno fatale” per il Governo di Giorgia Meloni. Sun Tzu sosteneva che un buon generale sceglie il terreno dove combattere, e lo sceglie per poter avere le migliori condizioni d’ attacco. Meloni, invece, il terreno fatale se l’è trovato bel bello già fatto, il gran debito pubblico nazionale che rende impossibile scegliere politiche vere. E la sanità – quella in cui sbattiamo tutti prima o poi – è il campo di battaglia di oggi.

La grafica che vedete in apertura è del Governo: mostra quanto è cresciuto lo stanziamento pubblico alla sanità in termini totali e per abitante. Il prossimo anno la mega-struttura del servizio nazionale assorbirà 140 miliardi, la seconda voce di spesa dopo le pensioni. Sono 2.300 euro a testa. Tanti? pochi? ognuno ha la sua idea, ma il punto è un altro: quanti di noi pagano tasse a sufficienza per coprire questo costo? meno della metà. Uno su due riceve e basta (e magari pure sfascia i pronto soccorso ed aggredisce i medici…)

I dati sono incontrovertibili: anno fiscale 2018 (i nuovi dati verranno presentati a Roma, alla Camera il 29 ottobre da Itinerari Previdenziali). 60,3 milioni di abitanti in Italia, 41,3 milioni di contribuenti e solo 31,1 milioni di versanti (che pagano cioè almeno 1€ di Irpef).

26,4 milioni di abitanti (pari a 18,1 milioni di contribuenti) hanno pagato 156,7€ a testa; altri 8,2 milioni hanno pagato 1.348€ a testa. In altre parole, ben 33 milioni di residenti hanno pagato meno di quanto costano alla collettività per garantire loro medici ed ospedali. Hanno versato complessivamente 15,4 miliardi € e ne hanno ricevuto 50,3 di sola assistenza sanitaria.

E’ chiaro che il sistema sanitario universale come lo conosciamo non può più reggere. Non può essere che il 42% dei contribuenti versi il 91% dell’Irpef mentre il 58% ne garantisce appena il 9. Gratis non può più essere. Specie quando gli Italiani hanno in banca ben più del debito pubblico.

E’ questo allora il “terreno fatale” che deve scegliere Giorgia Meloni. Una grande operazione di verità – sui conti esatti del Paese – e di condivisione di responsabilità. Il costo della sanità va ripartito in maniera diversa con una nuova contribuzione da parte dei cittadini: non si parla di arrangiarsi – la sanità pubblica è un valore che ci rende onore e che ha permesso la migliore qualità della vita nella storia millenaria italiana – ma nemmeno di scaricare su figli e nipoti tutti i nostri costi. Fatti salvi i costi per l’infrastruttura sanitaria, la formazione e la gestione del personale i cittadini dovrebbero farsi carico di una quota del costo delle prestazioni ricevute. Un ticket commisurato alle prestazioni ricevute a ogni ora del giorno e della notte, sette giorni su sette, domeniche e festivi compresi.

Non facciamo finta di nulla: basta leggere quanto costa il servizio che riceviamo in calce alla lettera di dimissioni; basta osservare la faccia stupita dei turisti nei nostri pronto soccorso quando gli si spiega che non debbono pagare nulla…sappiamo bene che tutto quello che riceviamo ha un costo e quel costo lo paga la Repubblica Italiana.

Il costo può essere assorbito in proprio, confidando nello Stellone, oppure ci si può rivolgere ad una assicurazione. In Italia e in Europa ce ne sono a bizzeffe. E non solo: il Regno d’Italia e la Repubblica Italiana erano proprietarie dell’Istituto nazionale delle Assicurazioni, privatizzato e finito nella pancia delle Generali. Se Meloni non vuole che il mercato faccia il prezzo delle future polizze sanitarie, non deve far altro che avviare una nuova compagnia di Stato (ha già gli sportelli, quelli delle Poste) e proporre una propria polizza. L’importante è che ogni residente sia assicurato (compresi i turisti e gli immigrati).

Una polizza integrativa per tutti che coprirebbe i costi della prevenzione (oggi completamente saltata per gli alti costi, le lunghe liste d’attesa ecc ecc) che è l’arma principe per ridurre i costi della sanità.

Si dirà: cazzo volete, paghiamo già le tasse! Paghiamo? ne siamo sicuri?