La mancanza di medici e infermieri aguzza l’ingegno. Dopo che la Calabria ha fatto arrivare i camici bianchi da Cuba e la Sicilia dall’Argentina adesso il Ministro della Salute ha pensato di accordarsi con il governo dell’India, che ne ha in sovrabbondanza, per far venire in Italia 10 mila infermieri. Non subito però, ma attraverso un iter che impiegherà qualche anno per fare in modo che siano le Regioni, che detengono la competenza sulla sanità, a organizzarne ciascuna il reclutamento.
Il Ministero, attraverso le nostre rappresentanze diplomatiche, farà da tramite.
L’ostacolo maggiore sarà la lingua. L’Indiano non è lo spagnolo che parlano i cubani e gli argentini, e sarà quindi necessario che prima di montare sull’aereo e venire in Italia venga fatto agli infermieri indiani una corso rapido per parlare e comprendere la nostra lingua. Invece, assicura Schillaci, ma questo è noto, la preparazione professionale è buona.
Mancano 30 mila infermieri
In Italia mancano 30 mila infermieri anche perché vengono pagati poco rispetto ad altri paesi. Intanto, ha annunciato il Ministro, sempre continuando nella politica delle misure tampone, ali infermieri verranno fatti degli aumenti ricorrendo ad un’indennità di specificità.
Liste d’attesa e provvedimenti tampone
Per quel che riguardale liste d’attesa Schillaci se la prende con le regioni che non sono state capaci di spendere 200 milioni che potrebbero essere utilizzati per abbatterle. Ma, considerato che le regioni sono 20, risulta difficile pensare che con una media di 10 milioni per regione si possa risolvere il problema. Forse a mitigarlo.
Tetto di spesa
Per quel che riguarda invece il tetto di spesa stabilito per le strutture private convenzionate, dove i cittadini si possono curare senza pagare, Schillaci pensa di alzarlo. Anche questo fa parte della stessa politica di cui sopra delle misure tampone.
Nella provincia di Verona, per esempio, ci sono 2 strutture convenzionate: l’Ospedale Sacro Cuore di Negrar e l’Ospedale Pederzoli di Peschiera. Sono perfettamente inserite nel sistema sanitario regionale e offrono un servizio pubblico cui sarebbe impensabile rinunciare. Con l’aumento della domanda di salute e il conseguente aumento del volume delle prestazioni il ‘tetto’ viene ormai sistematicamente sforato, con la conseguenza che le prestazioni erogate al di fuori del tetto non vengono rimborsate dalla regione. Alla luce di questa semplice considerazione, Schillaci, il tetto, più che alzarlo lo dovrebbe proprio togliere, esattamente com’è per le altre strutture che fanno parte del sistema sanitario regionale.