(di Gianni Schicchi) Esaltante concerto de I Virtuosi Italiani al Ristori con l’eccezionale presenza di due solisti di caratura internazionale: il violinista lituano tedesco Julian Rachlin e la violista canadese Sarah McElarvy, impegnati nella Sinfonia Concertante di Mozart K 364 in mi bemolle maggiore.

Un pezzo magistrale, che costituisce il massimo risultato raggiunto da Mozart nella composizione con più strumenti solisti e orchestra. E un doppio concerto in piena regola, dove il nome di sinfonia sembra alludere soprattutto alla matura e intensa scrittura sinfonica dell’opera, sempre al di sopra di un banale concetto di accompagnamento, e non a una qualche riduzione del ruolo degli strumenti solisti, impegnati in sortite di notevole rilievo, ciascuno per suo conto e in un dialogo costantemente teso e articolato. 

Proprio a ciò nel primo movimento, più che al contrasto fra i temi, – stemperato dalla loro appartenenza alla stessa tonalità e dalla presenza di numerose idee secondarie – si affida la dialettica formale. Assente qualsiasi tentazione brillante, qualsiasi tributo ai modi buffi o galanti consueti a questo genere di musica, l’opera dimostra fin dall’inizio il suo carattere serio, severo, del tutto propizio alla presenza di uno strumento come la viola, di voce assai più scura e velata che non il violino, con il quale tuttavia è in grado di convivere in piena pariteticità.

virtuosi

L’attenzione che Mozart prestò alla viola (forse pensando per sé la parte dello strumento) è testimoniata dalla cura che le è riservata nella partitura orchestrale, dove la suddivisione della fila delle viole porta a cinque il numero delle parti d’arco. In questo clima l’alternarsi di proposte solenni e imponenti, come lo stacco del primo tema nell’Allegro maestoso, o distesamente cantabili, trova unità in un’approfondita elaborazione contrappuntistica, costantemente stimolata dall’ininterrotto scambio di idee fra i due solisti e fra questi e l’orchestra. 

Nell’impegnativa esecuzione, Sarah Mc Elravy si si è mostrata sempre elegante e morbida nel fraseggio e la sua viola è risultata un vero incanto. Dal canto suo Julian Rachlin ha suonato poi con una naturalezza disarmante e con un gusto per l’invenzione e la sorpresa quasi incontenibili. Ovazioni prolungate e insistite per i due solisti che hanno poi concesso un bis altamente pregnante come la Ciaccona di Penderecki.  

La serata, che era iniziata con la breve Sinfonia “Veneziana” di Antonio Salieri, ha compreso anche l’esecuzione della celeberrima Sinfonia n° 40 K 550 di Mozart, conciliata in una fresca vivacità, con un’opulenza timbrica allo stesso tempo maestosa e trasparente nei dettagli, valorizzata dalla pregevole acustica del Ristori.

Pur sposando la causa delle esecuzioni storicamente informate, nella ricerca di timbri e fraseggi, credibilmente associabili alla prassi settecentesca, Julian Rachlin, nelle vesti di direttore, ha mostrato poi di non voler rinunciare al tono di trionfante e pomposa luminosità impresso dalla tradizione interpretativa del passato. Ha evitato, per esempio, le sfrenate precipitazioni e i contrasti taglienti dei filologi estremisti nello sbalzo compatto e imperioso del primo tempo, come nella morbidezza dell’Andante cantabile, forse più lento del consueto, nella grazia danzante del Minuetto e perfino nello slancio vivacissimo dell’Allegro assai finale. 

Di certo la celeberrima Sinfonia 40 ha sofferto negli ultimi decenni di troppe esecuzioni nei concerti dal vivo, con il rischio assai concreto di creare un effetto di saturazione negli ascoltatori. Crediamo però che la “ricollocazione” propostaci da Rachlin abbia contribuito a ringiovanire e abbellire la ricezione della partitura, sicuramente resa di straordinaria lucentezza.

E in questo processo un ruolo determinante è stato svolto da I Virtuosi Italiani: dal punto di vista degli equilibri fonici, nei raffinati intrecci tra legni, corni ed archi, offrendoci colori inediti, ulteriormente sottolineati dalle peculiari scelte di tempo e di fraseggio del direttore. L’effetto per noi è stato simile a quello di rivedere un famoso affresco dopo il suo restauro. Successo strepitoso della serata durata 90 minuti ininterrotti di grande musica.