(di Christian Gaole) Jacopo Buffolo – assessore del Comune di Verona alle politiche giovanili e di partecipazione, pari opportunità, innovazione, memoria storica e diritti umani – ha accettato di commentare con L’Adige la tragica morte di Moussa Diarra e quanto ne è scaturito nei giorni successivi. Buffolo (nella foto Daily-Verona Network) è attualmente ancora al centro di feroci polemiche legate alle sue dichiarazioni nelle ore immediatamente successive all’episodio. Questa è la sua prima intervista al riguardo.
Assessore, ritratta le sue affermazioni nei confronti dell’agente della Polfer sul caso Diarra?
No, e spiego perché. Bisogna affrontare il problema che è sulla pelle delle persone. Credo di essermi espresso chiaramente, anche contestualmente alla dichiarazione fatta dal Sindaco. Il tema non è porre in alternativa la solidarietà umana con la collaborazione con le altre istituzioni preposte alla sicurezza. C’è da dire che gli slogan semplificano la realtà, quello (“a chi ci cerca cura si è risposto a colpi di pistola” ndr) non era un mio slogan, ma uno slogan della manifestazione.
E cosa pensa in merito a questo slogan?
Come tutti gli slogan sono facilmente strumentalizzabili.
E allora la vera questione a cui faceva riferimento qual è?
La mia lettura è: in qualche modo la società è responsabile di quanto accaduto, perché sono mancati dei passaggi. Ci sono state molte mancanze. A noi non compete ragionare sul fatto in sé, quello è un compito della magistratura.
Quali sono le mancanze di cui parla?
Sono emerse anche nel racconto del caso Moussa nei giorni successivi. Per esempio: l’aver subito delle torture in Libia, che sono state finanziate anche dai nostri governi; l’aver perso la protezione internazionale grazie ai decreti Salvini e così potremmo andare avanti. Questo non vuol dire de-responsabilizzarsi, significa capire che la tragedia che ha colpito la nostra città è frutto di una gestione a monte sbagliata. Bisogna avere la capacità di progettare delle politiche differenti per poter vivere in una società più sicura.
“C’è un razzismo istituzionale che alimenta odio verso un giovane che ha subito torture, ma ha perso la protezione internazionale…”
La frase che ha condiviso sui suoi social recita: “ad una richiesta di aiuto, si è risposto con un colpo di pistola”. Per questo ha ricevuto anche le critiche da parte del sindacato di polizia e dell’opposizione. Se tornasse indietro aspetterebbe?
Quello che è parso in maniera plastica, sono due questioni: il primo è il discorso di odio alimentato dalla politica attraverso il razzismo istituzionale quando il ministro Salvini dice “non ci mancherà” [riferendosi a Diarra]. Con questa frase si comunica che quella vita non merita di essere vissuta. In questo modo si alimenta lo scontro e il non rispetto dell’umanità. Bisogna prendere coscienza che esiste un vero razzismo istituzionale.
Cosa intende dire dunque al Sindacato di polizia?
Già lunedì mattina ho detto che ci deve essere una piena collaborazione tra tutte le istituzioni. Smetterla di proporre una contrapposizione. Partecipare a una manifestazione per solidarietà umana, non lo vedo come un affronto, anzi, in quella manifestazione ci sono stati moltissimi agenti che hanno prestato servizio. E ci sono stati altrettanti cittadini ed enti del terzo settore che hanno partecipato pacificamente. Secondo me era giusto manifestare la propria solidarietà.
Ne è ancora convinto?
Va registrato che viviamo in un paese che vede una serie di atteggiamenti discriminatori verso la popolazione migrante. E per questo motivo nel paese c’è rabbia. Ma credo che attraverso il dialogo e l’abbattimento delle contrapposizioni, anche e soprattutto all’interno delle istituzioni, si potrà fare un salto di qualità. Bisogna, inoltre, prendersi la responsabilità di dialogare per avere, in un futuro, una società più giusta.
Cambiando discorso, il caso Diarra è collegato al problema sicurezza a Verona?
È il risultato di una visione miope a livello italiano. Il convegno che ha avuto luogo ieri sui migranti italiani in Germania nel secolo scorso dimostra come alcune politiche a livello più alto, possono aiutare a governare meglio i flussi migratori (che ci sono sempre stati nella storia). Ovviamente aveva i suoi limiti, ma guardare alla storia può aiutare a capire dove la politica può agire. Il problema, in questo caso, non lo stiamo affrontando, stiamo guardando al singolo. È un puzzle complesso e quindi bisogna affrontarlo con strumenti diversi.
“Non saprei cosa dire all’agente. Ma non vi è contrapposizione fra solidarietà e la collaborazione istituzionale“
Se dovesse incontrare l’agente delle Polfer che ha sparato a Diarra cosa gli direbbe, assessore?
Non saprei in questo momento.
Qualcuno chiede le sue dimissioni, lei resta?
Si. C’è sostengo e confronto all’interno dell’amministrazione. Come ha dimostrato il Consiglio Comunale di ieri.
Cosa l’ha colpita di più?
Una cosa: l’imbarbarimento del dibattito pubblico e la ricerca dello scontro fuori da una riflessione profonda sul problema reale. Mi ha fatto anche dire “faccio un passo indietro” sullo stare nella discussione, perché non voglio alimentare l’odio che disumanizza le persone.