(di Gianni Schicchi) Il Conservatorio Dall’Abaco propone tre giorni di conferenze e concerti aperti al pubblico, per ricordare i cento anni (1858 – 1924) dalla scomparsa di Sergej Ljapunov: l’ultimo dei musicisti romantici al tempo degli zar di Russia. 

Ể un dato ormai acquisito, che l’opera di J.S. Bach rappresenti uno dei massimi vertici raggiunti dalla mente umana, nonché un fenomeno imprescindibile e determinante nella storia della musica occidentale. Eppure, sono pochi a soffermarsi sul fatto che, per quasi 80 anni dalla scomparsa, la sua musica era conosciuta e praticata da una minoranza dell’ambiente intellettuale.

Bach era infatti oggetto di studio e riferimento per Mozart e Beethoven, ma scarsamente conosciuto dal mondo musicale dell’epoca. La sua immensa produzione, in gran parte sacra, non comprendeva il più frequentato genere operistico che aveva reso celebri Haendel, Telemann e Vivaldi. Nel virtuosismo organistico la fama di Buxtehude poi lo offuscava, mentre il carattere riservato non aveva contribuito alla promozione dei suoi lavori, la cui difficoltà esecutiva teneva poi lontani i dilettanti.

Fatte le debite proporzioni, certo non si intende paragonare Ljapunov a Bach, ma sorge spontaneo il raffronto tra i due, nell’evoluzione del linguaggio musicale che presentano alcune analogie. Oltre al loro carattere introverso: anche il russo non si era mai cimentato nel genere operistico; i suoi lavori – per lo più pianistici – erano di enorme difficoltà esecutiva; la sua reputazione, peraltro considerevole, era costantemente messa in ombra dall’ingombrante presenza di grandi contemporanei, come Rachmaninov, Skrjabin e Prokofiev. Entrambi, Bach e Ljapunov, scrivevano in uno stile che ai loro tempi veniva considerato démodé. Bach praticava il contrappunto barocco quando ormai imperava lo stile galante. Ljapunov era un tardo romantico mentre già era nata la dodecafonia della seconda scuola viennese. 

Infine la persecuzione giudiziaria per motivi religiosi, di cui Lyapunov era stato vittima da parte delle autorità sovietiche, ne aveva fatto un paria in patria, con tanto di condanna e divieto di esecuzione delle sue musiche. Se poi aggiungiamo il fatto che, una volta fuggito a Parigi nel 1922, quando finalmente avrebbe potuto affermare il proprio genio (anche di sinfonista e direttore d’orchestra, oltre che di pianista) nel più aperto e ricettivo ambiente internazionale, fu stroncato da un infarto all’età di 65 anni, abbiamo un quadro chiaro del motivo per cui Ljapunov non sia mai diventato un nome nel panorama musicale dello scorso secolo né, se non vi fosse la presente ricorrenza a offrire l’occasione per ricordarlo, in quello attuale. Da chi mai avrebbe potuto essere sponsorizzato il povero Ljapunov?

“Per questo – ci racconta Vittorio Bresciani docente di pianoforte al Conservatorio Dall’Abaco – abbiamo deciso di affidare a una squadra dei nostri migliori studenti, tra i più coraggiosi, il compito di portare alla luce alcune delle sue opere pianistiche, vocali e cameristiche di stupefacente bellezza. Non siamo a Berlino e non stiamo riscoprendo Bach, ma di certo stiamo portando all’attenzione del pubblico l’opera di un genio ingiustamente dimenticato, nella speranza che molti altri seguano il nostro esempio e arricchiscano il repertorio con musiche che non temono il confronto con i grandi classici”.

Al Conservatorio si inizia giovedì 7 novembre alle 16 con un primo concerto pianistico eseguito da quattro allievi e si prosegue alle 18 con uno vocale da camera. Venerdì 8 alle 16 si terrà una conferenza dal titolo “Sergej Ljapunov: chi era costui” a cura di Hugh-Ward Perkins e alle 18 un secondo concerto pianistico e cameristico. Sabato 5 novembre alle 15 altro concerto pianistico e si proseguirà alle 17 con un concerto vocale da camera, introdotto da Sara Villardi, docente in lingua e letteratura russa. Alla sera, ore 19, un concerto pianistico di chiusura con l’intervento di altri quattro allievi del Conservatorio. 

Manifesto Ljapunov