(di Simone Alessandro Cassago) Investire, così come risparmiare, è sempre stata una buona abitudine degli italiani, ma le crisi di questi anni hanno reso difficile mantenere questa tendenza. Se aggiungiamo la scarsa conoscenza delle complesse dinamiche della finanza si capisce perché chi vorrebbe mantenere e veder fruttare i propri beni abbia sempre più necessità di consulenti preparati. Ma quali consulenti? Una volta c’erano le Poste, poi si sono aggiunte le banche e le realtà specializzate.
Ora si sono affermate anche le società indipendenti di consulenza finanziaria, e Verona ospita fin dal 2011 il Fee Only Summit dedicato al settore (a questo link la presentazione del convegno a cura de L’Adige). Perché a Verona? Perché qui è nata Consultique, oggi leader nazionale del comparto, e l’incontro serve a fare ogni anno il punto sulla situazione del mercato, le tendenze e le opportunità per i professionisti e gli investitori.
Che cosa vuol dire oggi proporre una consulenza finanziaria indipendente ce lo ha sintetizzato Cesare Armellini, presidente e amministratore delegato di Consultique, e presidente della NAFOP, associazione di categoria che raccoglie quasi 700 società del settore in Italia (i dettagli a questo link).
“Fare consulenza finanziaria indipendente vuol dire uscire da logiche “bancocentriche” in cui le banche commerciali, istituti di credito tradizionali, hanno relegato questa attività”, sostiene. “Ciò si traduce in pacchetti di strumenti finanziari preconfezionati, non sempre chiari, venduti a volte a clienti inconsapevoli di cosa sta inserendo in portafoglio e forse perfino senza sapere che possono esserci elevati costi di gestione”.
In cosa si trasforma per un cliente il valore aggiunto della consulenza indipendente?
“Prima di tutto consiste nel rimettere il cliente al centro dell’azione con analisi professionali sul suo patrimonio. Inoltre la consulenza patrimoniale è mirata, valuta con attenzione le classi di investimento più adatte e cerca sempre di far sentire l’investitore protagonista del processo”.
Ma è anche conveniente? Quanto viene a costare in media ricevere questo genere di consulenza?
“Il consulente finanziario indipendente assiste i propri clienti e investitori in ogni necessità, facendo pagare una parcella come un qualsiasi altro professionista: ed è proprio qui che si afferma il concetto di fee only. Infatti, per semplificare ragionando in termini numerici, se un cliente ha un patrimonio da investire che si aggira per ipotesi intorno a 1 milione di euro, la parcella media che presenta il professionista è di circa 7000-8000 euro l’anno. Una cifra che comprende tutta l’esperienza maturata sul mercato dal consulente e l’offerta di una gamma di prodotti ampia e diversificata rispetto alle proposte delle banche tradizionali”.
All’incontro erano presenti anche società prodotto molto attive nel settore degli investimenti finanziari (tra queste Vanguard, Wisdomtree, Ishares, AXA Etf, Vontobel, Amundi, Fondi online), per offrire a una platea di oltre 2000 consulenti finanziari da tutta Italia informazioni dirette sui prodotti più innovativi del momento, con cui le società indipendenti interagiscono fornendo ai clienti una scelta sempre più vasta di soluzioni di investimento.
Durante le tavole rotonde sono emersi due criteri base per operare al meglio: l’importanza degli ETF sia passivi che attivi, visti i loro bassi costi di gestione e la facile liquidabilità. E poi il beneficio di avere investimenti bilanciati, divisi in differenti classi di asset che permettano ai portafogli della clientela di essere il più resilienti possibile, visti gli imprevisti che si possono verificare. Quindi è emersa la definizione di “portafogli efficaci”, che contengano un 40% di ETF sia passivi che attivi, un 30% di investimenti azionari, e un 30% di obbligazionario.
Meglio investire in oro, difesa, AI e miniere
Visto il panorama di forte incertezza geopolitica globale e dati macroeconomici non esaltanti per l’economia europea, le case di investimento consigliano di inserire nei portafogli della clientela titoli appartenenti ai settori della difesa, dell’intelligenza artificiale, al trading dell’oro. Questo può avvenire in maniera diretta tramite un ETF dedicato oppure investendo in società che estraggono oro o uranio, così come vanno valutati investimenti nel nucleare o nelle biotecnologie.
In conclusione gli interventi dell’economista Carlo Cottarelli e del politologo Carlo Pelanda. Il primo ha detto di ritenere che l’Italia non stia marciando male sul piano economico-sociale, ma occorre rendere il Paese più attrattivo per gli investimenti stranieri. Dubita però che la manovra del governo non porterà “entrate di un certo livello” che permettano in futuro un deciso calo del debito pubblico.
Poi Cottarelli ha comunque espresso apprezzamento per il previsto taglio del cuneo fiscale, sottolineando che le agenzie di rating hanno promosso la stabilità dei titoli di Stato italiani. “Dal 2021, con le prime riaperture post Covid, il rapporto deficit/PIL è sceso dal 155% al 134%, grazie anche a manovre molto prudenti del governo Draghi e del governo Meloni”, ha aggiunto.
Pelanda ha invece affrontato la situazione di crisi del mondo globalizzato, scatenata dai regimi autoritari che hanno generato forti incertezze dal punto di vista macroeconomico. “La situazione generale potrebbe normalizzarsi entro un paio d’anni, anche perché in Russia, anche se taciuta, vi è una forte ribellione interna contro la guerra che dura da quasi tre anni”.
Anticipando le analisi sulle presidenziali degli Stati Uniti ha aggiunto che “dovranno stabilire il ruolo dell’Occidente, sempre america-centrico, rispetto a un’Europa totalmente inesistente ma fortemente agganciata agli Stati Uniti almeno per i prossimi quattro o cinque anni, fino a quando sarà costretta a ripiegare su se stessa e a rafforzarsi sia al suo interno che nell’ambito dei Paesi del G7”.