L’Ufficio studi della CGIA ritiene un mezzo flop il Concordato preventivo biennale (Cpb). Finora lo avrebbero sottoscritto poco più di 500mila partite Iva, l’11%, per un gettito totale di 1,3 miliardi di euro rispetto ai 2 preventivati inizialmente dal Mef. Ma i lavoratori autonomi e di imprese potenzialmente interessate da questo strumento sono 4,5 milioni, di cui 1,8 di forfettari e 2,7 di operatori sottoposti agli ex studi di settore. Pertanto, ogni soggetto che ha sottoscritto questo “patto” con il fisco ha pagato mediamente 2.600 euro. 

Cgia. Un mezzo flop il Concordato preventivo biennale con il Fisco

La conclusione che tira la Cgia è questa: “se con la scadenza del 31 ottobre scorso l’erario sicuramente incasserà molto meno del previsto, non è che per caso la dimensione economica dell’evasione in capo agli autonomi sia abbondantemente sovrastimata?”

Cgia. Non è vero che i lavoratori autonomi sono evasori

Gli autonomi, almeno al Nord, non sono degli evasori. Il Mef stima che l’evasione pesi per 82,4 miliardi di euro. L’imposta più evasa sarebbe l’Irpef degli autonomi per 29,5 miliardi di euro.Il che significherebbe che poco meno del 70% dell’Irpef non sarebbe versata all’erario. Una cifra inattendibile.

Secondo le dichiarazioni dei redditi dei lavoratori autonomi in contabilità semplificata del Nord per il 2021 hanno dichiarato mediamente 33 mila euro lordi.  Se, come sostiene il MEF, evadono quasi il 70% dell’Irpef, dovrebbero dichiarare il 120% in più, ovvero poco più di 74 mila euro all’anno. 

“Ma – si chiede la Cgia- come possono “raggiungere” nella realtà un reddito così alto se la stragrande maggioranza lavora da solo, quindi è poco più di un lavoratore dipendente che al massimo può lavorare 10-12 ore al giorno, senza contare che durante deve anche rapportarsi anche con i clienti, con i fornitori, con altre aziende, con il commercialista, con la banca, con l’assicurazione e come tutti i comuni mortali può infortunarsi ammalarsi, etc.?” 

Cgia. Un mezzo flop il Concordato preventivo biennale con il Fisco

E’ chiaro che tra i lavoratori autonomi ci sono degli evasori. Ma le stime del MEF non convincono. Infatti non includono gli autonomi esclusi dal pagamento dell’Irap. Vale a dire quelli in regime dei “minimi” (1,8 milioni di soggetti), una buona parte delle imprese agricole, i professionisti privi di autonoma organizzazione e il settore dei servizi domestici. Cioè oltre la metà dei lavoratori indipendenti presente nel nostro Paese. 

Se fosse considerata anche l’evasione di questi ultimi, che picco toccherebbe?

E’ evidente che questi dati sono poco“attendibili”, ma quello che è altrettanto insopportabile che molti opinionisti radical chic utilizzino queste stime per accusare gli autonomi di essere degli evasori. Il Cpb contava sul fatto che chi fa molto “nero” con un pagamento relativamente modesto, di “congelare” per due anni l’attività di accertamento.

La proroga del Cpb confermerebbe il flop

E allora, chiede la Cgia “considerato che gli imprenditori e i lavoratori autonomi non sono degli stupidi, vuoi vedere che, nonostante il Cpb fosse particolarmente “vantaggioso”, l’adesione è stata nettamente inferiore alle attese, poiché la propensione all’evasione fiscale di queste categorie sarebbe molto al di sotto delle stime, anche di quelle elaborate dal MEF”? 

Poi non è vero che ci siano pochi controlli, come afferma la sinistra. Nel 2023 tra lettere di compliance, accertamenti, verifiche e controlli dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza sono state interessate poco più di 3.510.000 partite Iva/imprese. 

A fronte del flop del Cpb pare che il governo voglia prorogare i termini per cercare di incassare ancora qualcosa. Comprensibile. Ma anche un’ammissione che non ha funzionato.