(di Bulldog) La golden age – l’età dell’oro – promessa da Donald Trump (nella foto di Politico) agli Stati Uniti può estendersi anche alla destra globale, quella che governa in venti Paesi europei (fra esecutivi a guida esclusiva e coalizioni con al loro interno partiti conservatori) e in diversi altri nel mondo, come Argentina e Israele? e, nel caso, quale destra può essere? con quali riferimenti culturali? a quale narrazione farà riferimento? a quali parole d’ordine risponderà e si ritroverà?
Scordiamoci camice nere, brune o azzurre. La nuova destra globale non avrà come riferimento i movimenti politici pre-Seconda Guerra Mondiale, ma molto più verosimilmente un nuovo ordine che punterà su un nuovo rapporto con tecnologia, immigrazione, atlantismo, crypto-economia, difesa…La nuova destra, i i nuovi conservatori, stanno disegnando un “nuovo mondo” che cambierà lo scacchiere delle alleanze e dell’agenda politica globale.
La domanda, quindi, diventa: come ridisegnerà il proprio perimetro culturale la destra italiana oggi di governo? ovviamente non ci attendiamo un partito unico, non avremo un Partito Repubblicano all’americana, ma una convergenza di fatto sui grandi temi di fondo questo probabilmente sì.
Perché, attenzione, non ci sono soltanto Donald Trump ed Elon Musk, ma c’è anche Kemi Badenoch (nella foto qui sopra), 43 enne nuova leader dei Tories, la prima donna nera a candidarsi come premier britannico. E quindi: quale sarà il profilo della prossima nuova destra, della nuova generazione che per semplicità chiamiamo “neo-con”?
Neo-atlantismo: è il primo dei punti fermi del nuovo scacchiere. Donald vuole un’Europa che investa nella NATO; Italia, UK e Giappone realizzano il primo caccia di sesta generazione; Italia e Germania, dopo i sottomarini, fanno insieme il nuovo grande carrarmato da battaglia; Italia e Francia fanno insieme le fregate più efficienti del mondo; la Polonia è il perno su cui Baltici e Paesi dell’Est si difendono dalla nuova Russia. Tutto questo non contro gli USA, ma insieme a Washington e, ancor di più, assieme ai suoi alleati nel Pacifico come Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone. Un neo-atlantismo che oggi copre anche l’Asia e che mette direttamente in discussione organizzazioni come le Nazioni Unite. Che senso avranno in un mondo che vedrà il protagonismo e le alleanze dei singoli Stati o blocchi di Stati? Per i neo-con sono un di più.
Neo-europeismo: non va letto in contrapposizione al primo, ma è evidente che alcuni problemi del nostro continente – il grande tema del welfare e della sovranità economica – non potranno che essere affrontati in Europa. E quindi tocca ai neo-con continentali superare i limiti dei regolamenti e delle legislazioni nazionali attuali per azzerare le politiche troppo sbilanciate a sinistra ed arrivare ad una Unione più efficiente, più snella, più ricca che risolva la contrapposizione fra la vecchia governance e quella che dovrebbe nascere da una federazione di Nazioni.
Neo-immigrazione: chiusura delle frontiere, deportazione dei clandestini, riduzione dell’aliquota musulmana nella popolazione occidentale, ma anche – come sostiene Trump – la “green card” il permesso di residenza a vita per chi sceglie di studiare o investire nei nostri Paesi. Un’immigrazione ammessa ma regolata, chiudendo con l’assistenzialismo woke come inizia a fare l’America. Su questo, i neo-con non sembrano avere divisioni al loro interno.
Neo-economics e neo tech: quale l’economia dei nuovi conservatori? si prosegue a parlare di sovranità e di catene del valore che debbono tornare “a casa”. Ma la casa comune dei neo-con non può che essere quel mondo atlantico “largo” che tiene “sotto controllo” i grandi produttori sotto-costo. Un’economia che vuole il nucleare, che tiene ben strette le chiavi dell’industria dell’aerospazio, che parte proprio dall’aerospaziale per creare una nuova leadership nelle tecnologie. Regole economiche che guardano con attenzione alla nuova finanza, alle crypto valute, e ad una riscrittura obbligata del welfare e dell’intervento pubblico nell’economia. Di nuovo, una neo-economics che va oltre al tema contingente dei dazi.
Neo-difesa: 2% del PIL europeo alla Difesa vuol dire spendere 366 miliardi di €, un terzo di quanto investe ogni anno Washington e più o meno quello che mettono a budget Cina e Russia. Per i neo-con la sfida è chiara: mettere insieme le competenze e la base produttiva (ed è un bel casino) per creare dei campioni globali. L’Italia ha un grande patrimonio in questo e il pericolo è solo quello di vederselo soffiare via dai competitor francesi e tedeschi. Un 2% di spesa aggiuntiva, un extra budget rispetto alle regole di Bruxelles che come spiega Mario Draghi (anche lui arruolato nei neo-con?) è possibile.
Neo-giustizialismo o meglio nuovo rapporto fra politica e magistratura: è evidente che sarà difficile la coesistenza fra il decisionismo della politica e i verdetti dei giudici quando questi vanno ad intaccare le grandi scelte strategiche come dimostra il conflitto attuale in Italia sull’immigrazione. E questo vuol dire anche che i rapporti con alcuni enti sovranazionali andranno ridiscussi. La giustizia che supera gli Stati sovrani in tema di diritti civili, ad esempio, verrà ammessa ancora? o le Nazioni neo-con usciranno da consessi e corti ritenute progressiste e limitatrici delle potestà nazionali?
Neo rights: sui diritti civili i neo-con giocano una partita fondamentale. Bisogna sovvertire una narrazione decennale che vede nella libertà d’aborto, nelle teorie di genere, nella gestazione per altri, nell’uso di stupefacenti più o meno light diritti inviolabili e non-negoziabili che stanno alla base di tutte le politiche woke. E bisogna sovvertire questi “valori” parlando non ai baby boomers (che sono per ragioni anagrafiche al riparo…) ma alle generazioni che oggi hanno fra i 15 ed i 20 anni, cresciute imbevute di narrazioni woke a sostegno di questa cultura.
Neo-gen: e questo è il punto vero. Trump ha vinto anche conquistando i giovani; in Italia e in Europa la destra è cresciuta parlando invece agli anziani usando più la leva generazionale della “perdita” (di ricchezza, di sicurezza..) che non quella del futuro, delle opportunità, del nuovo sviluppo e delle nuove professioni, della tecnologia…è un cambio di paradigma vero ed abbiamo la classe dirigente per farlo?
La sfida – in una sintesi estrema – è qui: i neo-con nel mondo hanno il volto e le sfide immaginifiche di Musk e non i labari o la retorica post 1945. E’ un mondo nuovo, una generazione di leader nuova, una società nuova che è già multi-etnica e che deve trovare velocemente un comune denominatore valoriale che vada da Tokyo a Roma a Londra a Washington. Una sfida che vede incredibilmente in pole position il governo di Giorgia Meloni.
Ma quanto è neo-con la destra italiana di governo e quanto è disposta a cambiare la destra che, invece, non si riconosce in questo governo?