(di Bulldog) Nella sua tragicità la triste vicenda di Moussa Diarra può aiutare questo Paese e le comunità che qui vivono e lavorano. Dovrebbe essere l’occasione per studiare una accoglienza non buonista, non lassista, al riparo dalla politica e dalle ideologie che sfruttano le difficoltà reali di persone per imporre una loro visione del mondo. Per fare questo è necessaria un’operazione di verità.

Che non è quella della senatrice Ilaria Cucchi, che non è la criminalizzazione delle forze dell’ordine e della intera società italiana. Una società che non è razzista e non è pervasa da sentimenti ostili agli stranieri. Ma che chiede – semplicemente – legge ed ordine.

Non passa giorno che le forze di polizia vengano aggredite da immigrati irregolari. Ieri a Padova due agenti sono stati assaliti, gettati a terra, circondati da sans-papier che non volevano consentire l’identificazione di due di loro, spacciatori di droga. Pochi giorni fa a Verona, un immigrato irregolare, già espulso dall’Italia, non soltanto ha derubato un lavoratore straniero ma ha aggredito e malmenato i Carabinieri che lo stavano arrestando, venendo poi processato e condannato per direttissima ed immediatamente scarcerato. Lo stesso Diarra – così raccontavano i quotidiani e così forse sarà nell’inchiesta della magistratura – avrebbe assalito al Palladio due agenti della Polizia locale, gettandone a terra uno, colpendolo.

Tre casi di aggressione delle nostre forze dell’ordine che sono diventate – come osserva l’europarlamentare Paolo Borchia – la quotidianità. Di questo, le associazioni e le comunità nazionali che vivono nel nostro Paese debbono farsene carico. Con loro, certamente, anche la Repubblica che non può fermarsi al ruolo di percettore di immigrati per poi abbandonarli alle comunità locali.

E’ urgente che l’Italia – come l’Olanda e come la Spagna: due Paesi che hanno adottato due approcci diversi entrambi legittimi – metta mano alla legge sull’immigrazione e compia delle scelte. Ed è necessario che le ONG internazionali e nazionali accettino le nuove regole del gioco. Ovvero, immigrazione regolare in cambio del blocco delle frontiere; formazione culturale e professionale al posto di lager-dormitorio e dalla gestione opaca di questi giorni; diritti garantiti in cambio di doveri compiuti.

E’ urgente che si prenda atto che giovani maschi, lasciati allo stato brado, senza famiglia, senza il controllo delle loro comunità nazionali, sfruttati da impresari e malavitosi senza scrupoli, non soltanto diventeranno le nuove leve della malavita ma anche del terrorismo islamista.

Per rimettere ordine in questo casino alimentato dalla cultura woke non abbiamo bisogno di interventi alla Ilaria Cucchi o alla Jacopo Buffolo. Non abbiamo bisogno di gente che, per ragioni di bottega elettorale, soffia sul fuoco del dolore e del disagio. Abbiamo bisogno di una scelta politica vera che dica agli Italiani, a noi contribuenti che manteniamo tutto il carrozzone, chi entrerà in Italia, per fare cosa, dove verranno alloggiati, quando porteranno le loro famiglie, quali corsi di formazione seguiranno, quali valori repubblicani dovranno studiare per poter essere accolti e diventare, se lo vorranno, nuovi Italiani. Una scelta che dica quali priorità seguiamo nell’immigrazione (come fanno Australia, Nuova Zelanda, Canada…), quali comunità verranno privilegiata in base allo ius sanguinis o alle decisioni della politica e delle nostre convenienze internazionali.

Abbiamo bisogno di una classe dirigente vera, che metta in riga chi sgarra – senza guardare il colore della pelle o del passaporto – e che decida, una buona volta, chi far entrare in questo Paese. Posto ce n’è. E’ troppo chiedere che questo fenomeno venga gestito con buon senso?