(p.d.) Daniela Santanchè è stata rinviata a giudizio con l’accusa di false comunicazioni sociali nel caso Visibilia, il suo gruppo di comunicazione che ha poi lasciato prima di essere nominata ministro del Turismo del governo Meloni.
Il processo, che si terrà il prossimo 20 marzo, dovrà accertare se 7 bilanci siano davvero stati truccati tra il 2016 e il 2022, per nascondere “perdite” milionarie e permettere al gruppo editoriale di rimanere in piedi ingannando gli investitori.
La decisione è del gup di Milano Anna Magelli che ha dichiarato prescritto il reato per gli anni dal 2016 al 2018 ed ha accolto il patteggiamento proposto dall’ex consigliere Federico Celoria a 2 anni, e 5 mila euro di confisca e da Visibilia Editore e Visibilia Editrice, rispettivamente a 63 mila e 300 euro e 30 mila euro di sanzione e 15 mila euro e 10 mila euro di confisca.
A giudizio con la Santanché, al secolo Daniela Garnero, anche il compagno Dimitri Kunz, l’ex compagno Canio Giovanni Mazzaro, la sorella Fiorella e la nipote Silvia Garnero e Antonino Schemoz, amministratore del gruppo e liquidatore delle società.
Attese le dimissioni della Santanché da ministro del governo Meloni
Daniela Santanché, dopo il rinvio a giudizio, s’é dichiarata disponibile a dimettersi da ministro qualora glielo chiedesse il capo del governo.
Finora Giorgia Meloni sull’imbarazzante vicenda ha mantenuto un rigoroso silenzio, anche se le dimissioni della ‘Santa’ erano ritenute opportune all’interno di FdI. Adesso però di fronte al rinvio a giudizio difficilmente potrà esimersi dal chiedergliele per evidenti ragioni di opportunità politica, dato che un ministro sotto inchiesta, pur se da ritenersi innocente fino a sentenza definitiva, è un elemento che indebolisce l’esecutivo e va ad offuscare, anche se ingiustamente, l’immagine cristallina e di non ricattabilità della Meloni.
Ma non solo. Appena un paio di mesi fa il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano si è dovuto dimettere per una vicenda di una gravità di gran lunga inferiore. A parte la figuraccia, mai nessuno ha messo in dubbio la sua onestà. Cosa molto diversa per la vicenda che coinvolge la Santanché che, se avesse a cuore l’immagine del governo e del suo partito, avrebbe dovuto dimettersi fin dal giorno in cui era scoppiato il caso e non attendere che glielo chieda la Meloni.