Il Ministero della Salute farà un censimento di tutte le “culle per la vita” esistenti in Italia e collegate a strutture del Servizio sanitario nazionale o ad enti privati. Inoltre si attiverà per disciplinare in modo dettagliato ed omogeneo le iniziative.
Cioè avviene dopo che il 2 gennaio in una di queste, collocata in una chiesa di Bari, era stato trovato morto per il freddo un neonato che era stato abbandonato dai genitori nell’intento che venisse accolto. Il dispositivo di allarme non era partito e il parroco non s’era accorto della presenza del neonato. Un fatto gravissimo che s’aggiunge ad altri che riguardano sempre situazioni nelle quali la madre, per diversi motivi, non vuole/può farsi carico della creatura che ha partorito.
Un problema che non dovrebbe esistere visto che esiste già una legge che garantisce alla donna di partorire in anonimato, con la facoltà di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale dove è nato, affinché sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica.
Nonostante ciò esistono ancora delle donne che non vogliono avvalersi di questo diritto e abbandonano il loro figlio appena nato. Per questo sono state create le “culle per la vita”, versione attuale e tecnologica dell’antica “ruota degli esposti”.
Non esiste però né un censimento di dove sono collocate sul territorio nazionale né una normativa relativa al loro funzionamento.
Le culle per la vita in Veneto
Una volta a Verona c’era una “culla per la vita” al Tempio votivo, davanti alla Stazione Porta Nuova, ma è stata chiusa da anni.
La Ulss 9 Scaligera ne ha installata una presso l’Ospedale di S.Bonifacio.
La Ulss 6 Euganea nella provincia di Padova ne ha installate 2 nei pressi di altrettanti ospedali, una a Schiavonia e l’altra a Camposampiero.
Sempre a Padova ce n’è una presso l’Ospedale Universitario e poi ce n’è una a Mestre presso l’ospedale Villa Salus.
