L’annata viticola del 2020 in Valpolicella è stata un viaggio straordinario, un susseguirsi di eventi che ha intrecciato la natura e il clima in modo unico, , dando vita a un ciclo che ha messo alla prova, ma anche premiato, i produttori.
L’inizio del 2020 è stato segnato da un germogliamento che ha avuto luogo tra il 6 e il 7 aprile, in perfetta sintonia con la media storica. Il clima, caldo e asciutto, ha dato il via a un ciclo vegetativo incoraggiante, con una primavera luminosa e fertile. Le temperature superiori alla media stagionale hanno accelerato il risveglio del vigneto. La vite ha risposto con un germoglio vigoroso, quasi impaziente di crescere. I viticoltori hanno osservato attentamente, consci che questa partenza promettente avrebbe richiesto una gestione accurata delle risorse idriche.
La fioritura, tra il 25 e il 29 maggio, è avvenuta in anticipo rispetto ad altri anni. Un maggio con temperature nella media, ma con piogge scarse, ha permesso alla fioritura di svilupparsi in modo lineare, senza stress idrico o termico. Le temperature sopra la media dei mesi precedenti hanno stimolato la crescita vegetativa, mentre l’aria mite ha accompagnato questo momento delicato in cui i grappoli hanno cominciato a prendere forma. La natura sembrava accogliere con favore questo ciclo di maturazione, mentre i viticoltori seguivano il processo con attenzione, pronti a intervenire in caso di necessità.
Nel mese di giugno, ad allegagione ormai conclusa, i frequenti eventi piovosi e le temperature sotto la media stagionale hanno costretto gli agricoltori a gestire i principali patogeni della vite.
A partire dai primi giorni di agosto, tra il 3 e il 7, è arrivata l’invaiatura, il momento in cui le uve cominciano a tingersi dei colori che annunciano la futura vendemmia. La stagione, però, ha subito una svolta: il clima, che con luglio era stato caldo e asciutto, ha visto l’arrivo di piogge abbondanti e intense. Il contrasto tra il caldo estivo iniziale e il fresco ritorno della pioggia ha creato un ambiente favorevole alla maturazione. Le temperature si sono poi abbassate, portando un po’ di sollievo al ciclo vegetativo, ma anche la necessità di un monitoraggio costante per prevenire eventuali patologie legate all’umidità.
Il contrasto tra un inizio asciutto e caldo e una seconda parte della stagione segnata da piogge abbondanti ha caratterizzato in modo inusuale la stagione. Se da gennaio a maggio, con l’eccezione di marzo, le precipitazioni erano state scarse, la vera sfida è arrivata nei mesi successivi. Il flusso di piogge intense, accompagnato da qualche improvvisa grandinata, ha reso l’estate meno prevedibile, interrompendo un ciclo di crescita che sembrava destinato a seguire ritmi familiari. Così, sotto un cielo inclemente ma mai davvero ostile, la vite ha continuato a crescere grazie anche al lavoro dei viticoltori, sempre pronti a rispondere alle sfide della stagione.
La vendemmia ha preso il via a metà settembre, con qualche giorno di anticipo rispetto alla media. Il clima, con fenomeni piovesi nella media, si è mantenuto fresco e ventilato, favorendo una maturazione sana delle uve.
Le giornate più fresche e i venti che hanno accompagnato l’autunno hanno permesso ai grappoli di maturare senza eccessivi stress termici. Le piogge estive, infatti, avevano contribuito a ricaricare le riserve idriche del suolo, assicurando che la maturazione avvenisse in modo equilibrato e sano. Anche se la raccolta è stata disomogenea nelle varie zone, i viticoltori hanno gestito al meglio la diversità dei vigneti, con la consapevolezza di un’annata che avrebbe regalato risultati interessanti.
La maturazione delle uve ha mostrato una forte variabilità tra le diverse zone, da fondovalle alle altitudini più elevate. I valori analitici rilevati nelle diverse stazioni di campionamento hanno evidenziato una maturazione che, sebbene ritardata rispetto alle annate precedenti, ha beneficiato di condizioni climatiche favorevoli a partire da metà settembre che ha registrato un andamento climatico più stabile. La combinazione di temperature fresche e piogge estive ha fatto sì che i grappoli sviluppassero una buona qualità, nonostante i ritardi rispetto ad annate più calde e rapide. I viticoltori hanno seguito da vicino il processo, monitorando costantemente i parametri di acidità e zuccheri, mentre il clima fresco di settembre ha contribuito a mantenere intatte le caratteristiche aromatiche delle uve.
In definitiva, la 2020 è stata un’annata che ha messo alla prova la natura e i viticoltori della Valpolicella, un anno in cui il clima ha alternato momenti di estrema siccità a piogge abbondanti, con sfide lungo tutto il ciclo vegetativo. La resilienza della vigna, combinata alla competenza dei viticoltori, ha permesso di superare le difficoltà climatiche e di ottenere vini di qualità, che raccontano la storia di un territorio capace di regalare frutti eccezionali anche in annate complesse.
Ciò ha portato ad avere una materia prima eccellente, giunta alla vinificazione senza difetti sanitari e con concentrazioni zuccherine e dotazioni aromatiche degne di trasformarsi poi, in cantina, nel Grande Rosso.
E infatti, secondo il panel composto da enologi e degustatori, l’Amarone 2020 ha una forte personalità che rispecchia in pieno la complessità dell’annata e il grande lavoro dei produttori in cantina. Il risultato è un Amarone che si affaccia alla propria maturità con un’ottima dotazione acidica e di tipicità e un corredo aromatico ben bilanciato fra le note varietali, quelle figlie dell’appassimento e quelle derivate dall’affinamento. L’analisi sensoriale rileva ottime dotazioni strutturali e tenori alcolici equilibrati, con punti di colore di grande intensità e profondità.