(di Paolo Danieli) La Cgia di Mestre nelle sue puntuali analisi economiche e sociali della società italiana presenta l’esito di uno studio demografico e mette in evidenza quella che chiama una “curiosità”. E cioè che “nel 1943 il numero delle nascite in Italia era più che doppio rispetto a quello attuale”.
Non si tratta solo di una curiosità, ma di una risposta alla domanda che molti si pongono: perché nascono sempre meno bambini?
Una risposta che si può dare ognuno di noi, senza essere né un demografo né un sociologo né uno scienziato, ma utilizzando semplicemente il buonsenso e la capacità di guardare in faccia la realtà. E la risposta è solo una, perché nel 1943 eravamo senza alcun dubbio più poveri di oggi. Addirittura eravamo nel ben mezzo della tragedia della 2ª guerra mondiale. Eppure facevamo più figli. Che cosa vuol dire? Semplicemente che le motivazioni per le quali oggi si fanno sempre meno figli non sono certo economiche. Se così fosse, in rapporto al benessere materiale di cui godiamo di figli dovremmo farne 2 o 3 volte quelli che facevamo nel 1943. E invece non è così.
Né, osserva la Cgia, “possiamo continuare a sostenere che la denatalità degli ultimi anni sia esclusivamente attribuibile alla mancanza di servizi per l’infanzia e all’insufficienza degli aiuti pubblici alle giovani famiglie. Certo, questi aspetti sono rilevanti, ma è altrettanto vero che 80 anni fa, con il Paese in guerra, le condizioni di vita e le prospettive future erano decisamente peggiori rispetto a quelle attuali”.
La motivazione del calo demografico è culturale
La motivazione quindi va ricercata sul un altro livello. E questo non può essere che quello culturale. In un recente convegno sulla crisi della natalità tenuto all’Università di Verona è emerso che la tendenza a alla contrazione delle nascite è ormai ubiquitaria in tutto il mondo. Perfino in paesi come la Cina o l’India dove fino a qualche decennio fa esisteva un boom demografico.
L’unico paese al mondo che mostra un costante e considerevole aumento della popolazione è Israele con 2,89 figli per donna.
E non è un caso. Anzi, è la dimostrazione che alla base della vitalità di un popolo e per dare delle motivazioni ai propri cittadini di mettere al mondo dei figli è necessario che siano partecipi di un progetto. Israele infatti è uno stato che per diverse ragioni, che vanno dalla politica alla religione e che si possono condividere o no, ha una fortissima identità, unita alla determinazione di garantire ai propri cittadini un futuro, costi quel che costi. Ogni cittadino israeliano è consapevole e partecipe di questa volontà e del destino comune. E’ per questo che nascono più bambini che altrove. Anche se le difficoltà non mancano. Anche se la vita è contrassegnata da uno stato di guerra continuo. A dimostrazione che le motivazioni per le quali si fanno o non si fanno i figli sono soprattutto culturali.
In Italia invece prevale una cultura che motiva al contrario. Manca il progetto e la consapevolezza del destino comune e prevale l’individualismo unito all’incertezza se non alla rassegnazione per il futuro.
A Verona il bilancio demografico è paria a zero
Negli ultimi 10 anni gli italiani 15 e i 34 anni sono calati di 750 mila unità (-5,8 %). Le nascite sono crollate soprattutto al Sud (-14,7 %). Una tendenza che riguarda tutta l’Europa ( -1,9%) anche se la Francia segna +0,1, la Germania +1,7 e l’Olanda +10,4.
In Veneto le cose vanno un po’ meglio. Il calo è stato dello 0,6%. Questo però grazie alla presenza di un numero elevato di immigrati. Ma sbaglia che pensa che sia l’immigrazione a risolvere i problemi derivanti dal declino demografico. Può essere una risposta nel breve periodo, ma in una prospettiva più ampia la sostituzione della popolazione non può certo essere considerata una soluzione.
Verona, assieme a Como, è l’unica provincia d’Italia ad avere per la fascia d’età considerata, un saldo 0, ovvero a non registrare né una diminuzione né un aumento, che in termini assoluti significa che se nel 2014 c’erano 192.766 giovani fra i 15 e i 34 anni oggi ce ne sono 192.773, 7 in più!