(di Paolo Danieli) Le elezioni regionali continuano ad essere considerate secondo una logica partitica. Come è sempre stato, del resto. Nessuna meraviglia. Una logica che è svincolata dal territorio e che risponde a strategie politiche che magari stanno sopra i confini delle stesse regioni che vanno al voto, coinvolgendo equilibri nazionali e di governo. In pratica può accadere, come accade, che le scelte sulle regionali diventino merce di scambio e che poco abbiano a che vedere con gli interessi degli abitanti.

In precedenti analisi abbiamo illustrato questi meccanismi e possibilità.

Invece, proprio per riavvicinare i cittadini alla politica e non correre il rischio di doversi poi lamentare che la gente non va più votare bisognerebbe cambiare considerare queste consultazioni in una prospettiva territoriale.

Veneto multipolare

Prendiamo il Veneto. A differenza di molte altre regioni è multicentrico. Non ha, come la Lombardia o il Lazio una capitale che sovrasta tutte le altre città per peso demografico e importanza, come nel caso di Milano o di Roma. Delle 7 province, escluse quelle più piccole, Belluno e Rovigo, le altre 5 sono più o meno equivalenti. Risultato della storia politica ed economica che, è vero, ha visto Venezia dominare i mari e anche l’entroterra, ma che ha visto nel tempo affermarsi altre leadership territoriali, tanto che attualmente si può affermare che la multipolarità è una peculiarità tutta veneta.

Una multipolarità che per ben funzionare necessita di un fattore ineludibile: l’equilibrio, che se viene a mancare può essere fonte di conflitti che, a differenza dei secoli andati, non si consumano più a suon di colpi di spada o di archibugio, ma che sono soprattutto economici e politici.

Ecco allora che la politica nella scelta della governance regionale deve tener conto degli equilibri territoriali, avendo cura di non privilegiare alcune zone a scapito di altre, com’è avvenuto da 30 anni a questa parte.

Dal 1995 ad oggi il Veneto ha avuto 2 presidenti, Galan, padovano, e Zaia, trevigiano. Alla faccia del limite dei 2 mandati, con degli escamotage legislativi entrambi hanno fatto i governatori per 15 anni a testa, ovvero per 3 mandati. Addirittura Zaia vorrebbe farne un 4°. Questo, tanto per capire bene come funziona, l’elenco completo dei ‘governatori’ con provincia di provenienza e partito d’appartenenza :

Angelo Tommelleri, veronese, Democrazia Cristiana, dal 1970 al 1972
Pietro Feltrin, trevigiano, Democrazia Cristiana, dal 1972 al 1973
Angelo Tommelleri, veronese, Democrazia Cristiana, dal 1973 al 1980
Carlo Bernini, trevigiano, Democrazia Cristiana, dal 1980 al 1989
Gianfranco Cremonese, padovano, Democrazia Cristiana dal 1989-92
Franco Frigo, padovano, Democrazia Cristiana, dal 1992 al 1993
Giuseppe Pupillo, vicentino, Partito Comunista, dal 1993 al 94
Aldo Bottin, padovano, Democrazia Cristiana, dal 1994 al 1995
Giancarlo Galan, padovano, Forza Italia, dal 1995 al 2010
Luca Zaia, trevigiano, Lega, in carica dal 2010 al 2025

Regionali. La logica dev'essere territoriale prima che partitica

Il triangolo sì, lo dobbiamo considerare

Ciò significa che negli ultimi 43 anni, a parte la meteora del vicentino Pupillo (1993/94), la presidenza del Veneto è sempre stata nelle mani di un esponente del triangolo Padova-Treviso-Venezia. Vale a dire che da quasi mezzo secolo quella parte della regione dove vive poco meno della metà dei veneti non esprime un presidente.

E non si tratta solo del presidente. A cascata tutto l’apparato apicale regionale è espressione del triangolo Padova-Venezia-Treviso. E questo genera una situazione di squilibrio che non produce nulla di buono in termini di coesione regionale, specie quando si deve trattare con Roma. 

In poche parole: Verona è tagliata fuori. Marginalizzata. E lo si percepisce da tante cose. Come dal fatto che delle 3 grandi opere che sono state realizzate in Veneto negli ultimi decenni, Passante di Mestre, Mose e Pedemontana veneta, nessuna di queste ha interessato il territorio veronese.

Le elezioni che si terranno ad autunno possono, anzi devono, essere l’occasione per riequilibrare una situazione che non può continuare a lungo. Il primo passo è che coloro che rappresentano Verona ai vari livelli, ma soprattutto che hanno accesso alle stanze dove verranno prese le decisioni sulla candidatura alla presidenza della Regione, ne prendano coscienza e pongano la questione con determinazione.

Verona non è ‘la camera dei salami’ ed esprime persone che hanno tutte le carte in regola per fare il presidente del Veneto.

Regionali. La logica dev'essere territoriale prima che partitica
Angelo Tommelleri, unico governatore veronese