Solo 7 euro ogni 100 spesi dai consumatori per l’acquisto di prodotti agricoli freschi restano nelle tasche degli agricoltori. Questo il dato allarmante diffuso da Coldiretti nazionale e ribadito questa mattina nel corso di una conferenza stampa tenutasi in Comune a Verona. Il divario tra il prezzo pagato dal consumatore e il guadagno effettivo degli agricoltori evidenzia profonde anomalie lungo la filiera agroalimentare, con il settore del commercio e del trasporto che si appropria della fetta più consistente del valore aggiunto.

Secondo le rilevazioni, su 100 euro spesi per prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro rappresentano il valore aggiunto per gli agricoltori. Dopo aver sottratto gli ammortamenti e i salari, l’utile effettivo per chi lavora la terra si riduce a soli 7 euro, a fronte dei 19 euro che vanno alla distribuzione e al trasporto. Ancora più grave la situazione per i prodotti trasformati: l’utile dell’agricoltore scende a 1,5 euro, poco meno di quello dell‘industria alimentare (1,6 euro), mentre il settore della distribuzione incassa 13,1 euro.

Alla conferenza stampa è intervenuto Giorgio Girardi, Responsabile Area Economica e componente della Commissione prezzi del Comune di Verona, il quale ha sottolineato come nella provincia scaligera i prezzi dal campo alla tavola triplichino. “Se i compensi ai coltivatori sono crollati, i prezzi di vendita dei prodotti alimentari sono aumentati. Secondo il nostro Centro Studi, nel 2024 si è registrato un incremento del +5,7% nell’area Euro e del +5,9% in Italia“, ha dichiarato Girardi. A incidere su questi aumenti, oltre all’inflazione, è anche l’afflusso turistico: Verona, con oltre 20 milioni di visitatori l’anno, subisce un’elevata pressione sulla domanda di beni alimentari.

I dati della Commissione Prezzi del Comune evidenziano un divario significativo tra il prezzo riconosciuto ai produttori e quello finale per il consumatore. Nel luglio 2024, ad esempio, l’insalata lattuga veniva pagata al produttore 1,48 euro, ma sugli scaffali il prezzo saliva a 2,67 euro (+45%). I cetrioli passavano da 0,55 euro al produttore a 2,06 euro nei supermercati (+73%), mentre per i pomodori da insalata il rincaro era del 62% (da 0,80 euro a 2,11 euro).

“Gli agricoltori faticano a coprire i costi di produzione, mentre i consumatori spendono di più per mangiare meno e con qualità inferiore”, ha aggiunto Girardi, evidenziando anche la concorrenza sleale derivante dall’importazione di prodotti da Paesi extra UE, che non rispettano gli stessi standard sanitari, ambientali e lavorativi italiani. “Chiediamo che venga applicato il principio di reciprocità: chi vuole vendere in Europa deve adeguarsi alle nostre regole”.

Un’alternativa per i consumatori è rappresentata dai Mercati di Campagna Amica, che permettono di acquistare prodotti direttamente dai produttori, garantendo qualità e prezzi più equi. Secondo il Consorzio Veronatura, che gestisce i mercati per conto di Coldiretti Verona, nel luglio 2024 zucchine e pesche gialle locali risultavano più convenienti rispetto alla grande distribuzione, con risparmi rispettivamente del 15% e del 43%.

Coldiretti chiede una distribuzione più equa della ricchezza lungo la filiera e il rispetto della direttiva europea contro le pratiche sleali, che vieta, tra le altre cose, i pagamenti oltre i 30 giorni per prodotti deperibili, le modifiche unilaterali dei contratti e le vendite sottocosto. Un principio che Coldiretti ha già difeso con forza, come dimostrato dalla vertenza contro la multinazionale Lactalis, accusata di aver ridotto unilateralmente i prezzi riconosciuti agli allevatori italiani.

La necessità di garantire una giusta remunerazione agli agricoltori non è più rimandabile. Senza un riequilibrio della filiera agroalimentare, il rischio è quello di assistere alla progressiva scomparsa delle aziende agricole italiane, con conseguenze economiche e sociali incalcolabili.