Aumenta il cosiddetto turismo sanitario, ovvero il fenomeno che vede i cittadini spostarsi dalla loro regione per curarsi altrove perché ritengono che restando dove risiedono non riceverebbero prestazioni adeguate.
Il 94,1% della mobilità sanitaria ha come meta 3 regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Ed a questa regioni il Servizio sanitario nazionale liquida le prestazioni eseguite ai pazienti “fuori sede” ed hanno quindi un saldo attivo.
Questo fenomeno vale 5,04 miliardi (dato del 2022), in aumento del 18,6%. Secondo la Fondazione Gimbe aumenta anche il divario Nord/Sud, dato che è dal meridione che parte il maggior numero di coloro che vanno a curarsi lontano da casa.
Il turismo sanitario parte dal sud
Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia sono le regioni che assieme raggiungono un saldo passivo del 78,8%.
Ciò accade perché la sanità di queste regioni – sorprende la posizione del Lazio nell’elenco, vista la presenza di eccellenze sanitarie a Roma- generalmente non offre ai propri cittadini sufficienti garanzie di un’assistenza adeguata alle loro esigenze. Ciò avviene senza che sia ancora stata applicata l’autonomia differenziata che, attraverso l’applicazione del principio di responsabilità, potrebbe essere un fattore di superamento delle differenze regionali. E’ infatti da ricercare nella cattiva organizzazione del servizio sanitario la principale motivazione dell’inefficienza nelle regioni del Sud. Cosa che dipende dalla scelta dei dirigenti che lo gestiscono.