Lo Stato ha accumulato debiti nei confronti dei propri fornitori per 10,6 miliardi,pari a 2,8% del Pil, dato della Ragioneria Generale riferito al 2023. Ma è così da decenni, anche se negli ultimi anni la situazione è migliorata. Più di tutti gli altri paesi europei. Lo denuncia la Cgia di Mestre.
Ciò penalizza soprattutto le piccole imprese, vittime dell’abuso della posizione dominante di cui dispongono i dirigenti/funzionari statali.
Nei primi 6 mesi del 2024, su 15,3 milioni di fatture per un importo dovuto di 95 miliardi, ne sono state pagate per un importo di 89,2 miliardi.
Non è da escludere che con la realizzazione delle opere pubbliche del PNRR, la situazione peggiori visto che è sempre più diffusa la richiesta dei funzionari/dirigenti pubblici alle imprese di ritardare l’emissione degli stati di avanzamento dei lavori o l’invio delle fatture.

E’ lo Stato centrale è quello che fa peggio. Ha pagato nei termini solo nel 69,3 % per cento del totale. Dei ministeri 7 su 15 hanno pagato mediamente oltre i termini di legge. Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha un ritardo medio annuo di 13,13 giorni. Seguono il Ministero della Cultura con 10,94 giorni, l’Interno con 10,71, del Turismo con 10,45, della Salute con 4,516, della Giustizia con 4,06 e le Infrastrutture e i Trasporti con 2,46.
I ministeri che pagano prima sono quello dell’Ambiente con 20,91 giorni di anticipo, dell’Università con 15,45 e del Made in Italy con 13,85 e la Presidenza del Consiglio che ha pagato con un anticipo medio di 8,48 giorni.
ANSFISA, agenzia per la sicurezza di ferrovie ne autostrade, ha pagato con 20,64 giorni di ritardo, l’ANAS con 15, l’ARAN10 con 13.
Compensazione secca, diretta e universale dei crediti con lo Stato
Ma per la Cassazione se la PA non paga non è un problema. Così l’imprenditore che non dispone di liquidità e non può versare le imposte all’erario a causa dell’omesso o ritardato pagamento da parte dell’Amministrazione pubblica viene considerato inadempiente. E questa è una palese ingiustizia.
Tra le cause di questo malcostume: la mancanza di liquidità del committente pubblico; i ritardi intenzionali; l’inefficienza; la richiesta di ritardare l’emissione degli stati di avanzamento dei lavori o l’invio delle fatture; l’istanza, la stipula al momento del contratto di tempi di pagamento superiori ai limiti previsti per legge.
A questo punto, suggerisce la Cgia, c’è solo una cosa da fare: prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario.