(di Giovanni Perez) Marcello Veneziani è tornato a Verona per presentare il suo ultimo libro intitolato: Senza eredi e il cui sottotitolo suona come un potente appello alla curiosità del lettore: Ritratti di maestri veri, presunti e controversi in un’epoca che li cancella. Ad organizzare l’incontro, Paolo Danieli, Massimo Mariotti e gli altri animatori de L’Officina, che è da tempo una delle realtà più vitali e solide del mondo culturale veronese, capace sempre di dar vita ad eventi e momenti di riflessione di altissimo livello, e di quest’ultimo, sarà impossibile dimenticare una certa magica atmosfera, che tutti hanno potuto respirare.
Veneziani ha voluto descrivere un fenomeno che, per un verso, è fortemente voluto da coloro che operano ormai in maniera esplicita verso la realizzazione di un Grande Reset di ciò che ancora rimane in piedi della nostra tradizione culturale e che, per un altro verso, viene troppo spesso vissuto come alcunché di inevitabile e necessario per essere al passo con i tempi, in sintonia con l’attualità. L’esito è comunque il medesimo: farla finita con qualsiasi eredità, la quale di per sé ci impedirebbe di essere assolutamente moderni.
La nostra epoca celebra sé stessa non solo perché presume e pretende di non essere vincolata a nessuna forma di eredità, ma anche perché, a priori, non intende lasciare di sé stessa e trasmettere nessuna eredità o traccia. Tutto quanto si dovrebbe esaurire nel breve volgere di un ciclo chiuso in sé stesso, dove si nasce, si cresce e si precipita in un nulla, che nessuno è più nemmeno interessato a raccontare a chi verrà in un ingombrante dopo.
Quest’epoca respinge perciò l’idea stessa che ciascuno di noi cresca e venga educato da chi ci è padre e maestro, ai cui insegnamenti siamo però chiamati ad aggiungere le nostre peculiari virtù, che ci distinguono da ogni altro individuo consentendoci di diventare persone, cioè eredi attivi e radicati in una storia concreta, ossia in una famiglia, in una comunità e, per approssimazioni successive, in una umanità. Nulla merita di essere salvato e trasmesso, essere cioè oggetto di conservazione e tradizione, ma tutto si deve esaurire nel breve spazio di un mattino, condannati alla nostra sola contemporaneità, senza nemmeno interrogarsi sulla sua genesi, quasi fosse un fungo venuto su dal nulla. Che questo sia il modo migliore, ignorando l’ammonimento dei classici, per ripetere i propri errori, poco importa e interessa.
Veneziani. Al posto dei maestri gli influencer
Un’epoca senza maestri né eredi, ammonisce Veneziani, è anche un’epoca senza amici, il che è sotto gli occhi di tutti, così come di solare evidenza, solo per fare uno tra i tanti esempi possibili, il fallimento di una Unione Europea capace di chiamare alle armi e lanciare programmi guerrafondai, ma incapace e priva di quel coraggio necessario per indicare le proprie fondamenta culturali, le ragioni del proprio essere una civiltà dalle radici millenarie.
Un grande filosofo del diritto spagnolo, che fu molto amico dell’Italia, Francisco Elías de Tejada, scrisse che la principale ragione che distingue una Destra da una Sinistra, prima ancora che il tema dell’egualitarismo, consiste nella diversa concezione dell’essere umano, secondo il dualismo tra un’idea di uomo concreto, ossia erede di una storia, radicalmente diversa da quella di uomo astratto, ossia che prescinde da qualsiasi riferimento alle circostanze specifiche in cui ciascun essere umano è di fatto nato e cresciuto.
Questo dualismo tra uomo concreto e uomo astratto, lo ritroviamo nella celebre intervista rilasciata da Martin Heidegger ad un giornalista dello “Spiegel”, alla cui domanda circa il posto che l’umanità avrebbe dovuto darsi in questo nostro tempo difficile, così rispose: “Secondo la nostra umana storia ed esperienza o, almeno, per quello che è il mio orientamento, io so che tutto ciò che è essenziale e grande è scaturito unicamente dal fatto che l’uomo aveva una patria ed era radicato in una tradizione”.
Gli inviti alla lettura che Veneziani dedica ai suoi stessi maestri, “veri, presunti e controversi”, vanno nella direzione di chi guarda le cose con realismo e intelligenza, oltre i limiti del disincanto e della rassegnazione o, peggio ancora, della frustrazione. Molto opportunamente, la ricognizione parte con Marsilio Ficino, che, salendo sulle spalle degli antichi, nano rispetto a loro ma, così facendo, capace di guardare oltre il loro stesso orizzonte, contribuì alla nascita del Rinascimento italiano. Altrettanto belle sono poi le pagine conclusive dedicate a Federico Faggin, lo scienziato che, ad un certo punto della sua vita, si accorse di ritornare alle grandi domande che avevano appassionato suo padre, Giuseppe, il celebre studioso di Plotino, l’ultimo dei grandi filosofi antichi.
Veneziani ha concluso nel modo migliore, descrivendo la celebre scultura di Gian Lorenzo Bernini, che raccoglie in un solo gruppo marmoreo, Enea, nel momento di abbandonare Troia, dopo aver caricato sulle spalle il vecchio padre Anchise, che reca stretto nella mano il vaso con le ceneri degli antenati, seguito dal piccolo figlio Ascanio. Enea, congiunzione tra il padre e il figlio, affronta così il futuro, nella consapevolezza di portare con sé il proprio passato. Grazie Marcello per averci ricordato che tutto ciò significa essere portatori e custodi di un’eredità, quella stessa che porterà il principe troiano, secondo la leggenda, a fondare la stirpe di Roma, ossia il futuro, una volta trasfigurato in una rinnovata civiltà.