(di Stefano Tenedini) Diplomazia economica, cooperazione internazionale, Piano Mattei e possibilità di crescita per l’Africa, il tutto grazie a una rinnovata collaborazione con il sistema industriale e le piccole e medie imprese. Sono gli elementi portanti della strategia internazionale che l’Italia è avviata a implementare, nonostante il momento di gravi preoccupazioni sulla scena internazionale, per cogliere le opportunità di sviluppo.
Ne ha parlato nei dettagli Edmondo Cirielli, viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, incontrando ieri sera gli imprenditori di Confimi Apindustria Verona al suo rientro da Tokyo dov’era in missione con il presidente Mattarella. Definendo così la strategia del governo per dare impulso alle imprese attive nel commercio estero: “L’export italiano vale il 40% del PIL, una forza trainante per il cui consolidamento intendiamo rafforzare i legami e le sinergie anche con gli Stati extraeuropei”.
Il viceministro degli Esteri Cirielli in Confimi
Claudio Cioetto, presidente di Confimi Verona, ha sottolineato che “la crisi industriale è sotto gli occhi di tutti e agli imprenditori occorrono solidità e garanzie anche nella prospettiva di nuovi investimenti. In un contesto critico per le PMI diventa determinante potenziare gli strumenti a favore dell’export”. Il viceministro ha colto lo spunto, confermando l’importanza per le aziende “di fare squadra muovendosi a livello associativo, in particolare di fronte a opportunità come il Piano Mattei, un progetto strategico di diplomazia che punta a rafforzare e rinnovare i legami con il continente africano. Sono previste iniziative che coinvolgono le nostre imprese italiane anche con l’obiettivo di portare un valore aggiunto alle popolazioni locali”, ha spiegato.
“Del resto il ruolo globale dell’Italia è migliorato anche in aree distanti dalle preoccupazioni per gli scenari di conflitto. Siamo”, ha aggiunto, “un Paese molto richiesto per le sue caratteristiche: la qualità dei prodotti, la capacità di esportazione e il desiderio di mantenere e sviluppare relazioni stabili e di sviluppo comune”. Per quanto riguarda l’attuale squilibrio che rischia di mettere in crisi anche rapporti consolidati da quasi un secolo, come quello con gli Stati Uniti, bisogna comunque confrontarsi con la volontà di Washington di non essere l’unico soggetto a prendersi in carico la difesa dell’Europa e dell’Occidente.
In altre parole, a parte Trump, si ripresenta l’isolazionismo che spesso segna la visione globale dell’America. Dopo un lungo periodo di interventismo, costoso per i contribuenti ma anche poco produttivo soprattutto sul piano economico, è chiaro che spendere per le forze armate quando il pianeta con tutta evidenza non ama gli occidentali, ha allontanato gli Stati Uniti anche dall’Europa. Che dovrà abituarsi a fare di più da sola, come sta in effetti emergendo proprio in queste settimane.
Ma lo scenario militare non è tutto. L’Italia, ha puntualizzato Cirielli, non ha mai rinunciato al suo impegno verso l’estero, e il ritorno è stato positivo sia come stabilità delle relazioni che per lo sviluppo economico del Paese e le imprese che lo rappresentano sui mercati. Di qui la prudenza dell’Italia, che considera fondamentale il legame con l’Unione e la volontà di crescere in autonomia, ma senza rinunciare a mantenere una storica relazione con gli Stati Uniti.
La diplomazia economica per il piano mattei
Entrando nei dettagli del Piano Mattei, Cirielli ha spiegato che “l’Africa viene a torto considerata un continente povero, mentre con la ricchezza di minerali e materie prime, il 60% della terra coltivabile e la ricchezza di risorse umane è per noi un mercato potenziale di grande valore, purché non lo si lasci finire in mano a paesi dittatoriali che già oggi lo sfruttano senza dare nulla in cambio. Inoltre dobbiamo tenere presente lo squilibrio demografico”, ha aggiunto.
Intendendo con questo che “mentre in Europa calano le nascite, la prospettiva in Africa è di un raddoppio di popolazione in pochi decenni. Nazioni povere e senza futuro sarebbero scenari catastrofici per le migrazioni. La soluzione che proponiamo”, ha chiarito, “è di aiutare l’Africa a crescere, evitando anche che le sue risorse vengano sottratte da Cina, Paesi del Golfo, India e Sud Est Asiatico. L’Italia vuol essere presente e cooperare non solo perché siamo gli europei più vicini, un ponte naturale per lo sviluppo, ma anche per l’opportunità di crescere insieme e affrontare i flussi migratori con risorse mirate e un approccio propositivo”.
L’obiettivo in sintesi è contenere un esodo rischioso e incontrollato, facendo di una spesa improduttiva un supporto alle persone e far crescere una classe media ricca di giovani che possano studiare e sviluppare i propri Paesi. Questa cooperazione è tornata a essere un tema centrale con la nostra presidenza del G7 un anno fa, e oggi la UE inizia a finanziare i primi progetti. Per anni siamo stati presenti nei paesi bisognosi di supporto, ma oggi più che mai l’Africa rappresenta l’area che appare potenzialmente la risposta al bisogno di sviluppo italiano e africano, e al contempo è possibile mitigare il possibile rischio migratorio in Europa.
Ribadendo il ruolo della rete diplomatica, ma anche di strutture di supporto come Simest e Sace, già attive nell’accompagnare le imprese nel continente africano, il viceministro ha sottolineato l’importanza di avere un imprenditore come Matteo Zoppas alla Presidenza dell’ICE, l’agenzia che promuove l’internazionalizzazione delle nostre imprese (a questo link i Paesi in cui è attiva), al posto di un burocrate lontano dal mondo economico. C’è la volontà quindi di aprire a reti di imprese i mercati locali e di puntare a un migliore coordinamento sulla scena internazionale.
“Ma tutto questo non potrebbe decollare senza la presenza e l’impegno delle PMI”, ha confermato Cirielli ai vertici di Confimi Verona. “Piccole e medie imprese si possono fare avanti per attrarre risorse e sviluppare progetti collegati al Piano Mattei. In Africa occorrono formazione, un sistema bancario efficiente e le competenze tecniche che ancora mancano ai Paesi partner. Aziende, associazioni di imprese, professionisti e università possono unirsi e cambiare lo scenario con un coordinamento che finora è mancato. E questo spiega l’apprezzamento europeo”.
con le pmi più risorse, progetti e competenze
La logica del Piano Mattei, una presenza non predatoria in Africa , va perseguita anche in rapporto alla cooperazione internazionale. Non lasciare che siano le banche mondiali a scegliere quali progetti finanziare, ma concordare da soli come Italia con i partner locali cosa serve per lo sviluppo, e collegare la rete diplomatica e le imprese per mettere a frutto i progetti. In prospettiva c’è anche l’obiettivo di superare gli aiuti e rendere profittevole l’attività, oltre i limiti oggi imposti dalla burocrazia. La Farnesina può già fare da tramite fra imprese e i mercati, con in testa i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, senza trascurare l’area subsahariana né il Corno d’Africa per il quale l’Italia sente una grande responsabilità storica.
In conclusione, il viceministro ha confermato al nostro giornale che l’Italia sta riavviando in concreto quel progetto di diplomazia economica spesso enunciato ma mai davvero formato. “Crediamo che la collaborazione tra le competenze negoziali dell’Italia, un’efficace struttura di cooperazione per lo sviluppo dei popoli e il valore aggiunto della presenza del nostro sistema economico e industriale possa far crescere e sostenere la nostra presenza nei Paesi bisognosi di crescita. E questo in tutto il mondo, ma nello scenario odierno prima fra tutti c’è appunto l’Africa”.