I dazi Usa hanno una preoccupante ricaduta negativa sull’economia veneta di cui la produzione vitivinicola è una voce importante con i suoi 2,8 miliardi di export, dei quali 600 milioni sono negli States.
Per la Valpolicella significa l’11% dei 700 milioni di euro dell’intero export. Una bella fetta. Ed una bella quantità di bottiglie che in attesa delle decisioni di Trump rimangono ferme nelle cantine. Quanto peseranno i dazi? Il 200% come si ipotizza. O magari meno?
Intanto però gli importatori americani che hanno ordinato il nostro vino non vogliono rischiare che mentre le navi attraversano l’Atlantico con il carico di Amarone o di Valpolicella o di Prosecco vengano imposti i dazi e raddoppi o triplichi il prezzo delle bottiglie che devono vendere agli americani. Quindi è tutto fermo nelle cantine. Bancali di vino pronti per una partenza che è diventata incerta.

Dazi Usa. Quanto incideranno sulle nostre esportazioni?
Se Trump deciderà le quote di cui si parla, cioè del 200%, a soffrirne saranno soprattutto i vini di livello medio, come il Prosecco e il Valpolicella, mentre l’Amarone, destinato a consumatori di fascia più alta che non guardano il prezzo, dovrebbe risentirne di meno.
Il dott. Matteo Tedeschi, direttore del Consorzio tutela Vini Valpolicella, che raccoglie 2400 aziende vitivinicole veronesi, parla di un «clima di incertezza. Il problema dazi va a incidere su quello che per i vini della Valpolicella destinati al mercato americano rappresenta il 15% dell’esportazione».
«E’ comprensibile – rileva Tedeschi- che gli importatori degli Stati Uniti temporeggino nel dare il via agli ordini. Per portare i nostri vini al di là dell’oceano in nave ci vogliono circa 25 giorni. Un periodo sufficiente perché nel frattempo scattino i dazi che farebbero cambiare completamente i prezzi alla vendita del nostro vino».