Ve lo ricordate il caso Bibbiano scoppiato nel 2019 a causa di un giro di affidi illeciti di minori ai servizi sociali?
Il caso Bibbiano
Aveva fatto scalpore e scosso le coscienze per la gravità dei reati che toccavano la vita, l’integrità e le famiglie dei bambini coinvolti.
L’inchiesta della Procura di Reggio Emilia, denominata ‘Angeli e Demoni’, partita nel2018, era stata innescata dall’aumento di segnalazioni di abusi sessuali su minori e aveva indagato l’operato dei servizi sociali della Val D’Enza, accusati di aver falsificato le relazioni sui minori per riuscire ad allontanare diversi bambini dalle loro famiglie e darli in affido ad amici e conoscenti.
L’ipotesi era che, attraverso la falsificazione di documenti e pressioni psicologiche, i servizi sociali riuscissero a convincere i minori a denunciare abusi mai subiti da parte dei proprio genitori, così da poterli dare in affido. Poiché nell’inchiesta erano stati coinvolti amministratori del Pd sul fatto s’era innescata anche una speculazione politica.
A distanza di 6 anni è in corso a Reggio Emilia il processo durante il quale la pubblica accusa ha chiesto condanne per i 14 imputati. 11 anni e mezzo per Federica Anghinolfi, ex responsabile dei servizi sociali dell’Unione, considerata figura chiave nell’inchiesta.Per l’assistente sociale Francesco Monopoli 11 anni. Per Nadia Bolognini, psicoterapeuta 8 anni e 3 mesi.
L’Adige, all’epoca, se n’era occupato. I Carabinieri, che si erano avvalsi di telecamere nascoste e di alcune testimonianze, sembra che fossero venuti a conoscenza inquietanti episodi di maltrattamenti dei piccoli ospiti nella struttura dove erano costretti a vivere in condizioni vergognose. Quindi, nell’eventualità le accuse fossero confermate, non solo disonestà ma malvagità.
Avevamo allora chiesto un parere all’avvocato veronese Cristina Franceschini che di queste e altre anomalie da riformare nel sistema minorile parla, raccontando casi esemplari, nel libro “Il sistema affidi italiano, criticità di un mondo da rivedere” di cui è coautrice con Andrea Cangiotti.
“Quest’indagine – ci aveva detto l’avvocato – ripropone un problema che sto denunciando da dieci anni. Pare siano 500.000 i bambini affidati ai servizi sociali, ossia quelli seguiti dai servizi e mantenuti a casa, oltre a quelli ospitati in istituti d’accoglienza e case famiglia. Ma non esiste una banca dati nazionale né regionale e manca il monitoraggio dell’intero sistema.”
“Nel 2011 – ricordava l’avvocato Franceschini- era stato affidato all’Istituto degli Innocenti di Firenze il compito di fare un report nazionale degli allontanamenti dei bambini dalle famiglie. Era uno dei pochi che riportava le motivazioni, ed era risultato che quasi il 30% era stato allontanato per “inadeguatezze genitoriali, “concetto troppo fumoso in cui venivano ricompresi anche i problemi economici, che la legge stessa impedisce di considerare come un ostacolo al diritto del bambino di crescere all’interno della sua famiglia, che andrebbe invece aiutata”. E aggiungeva che “il problema parte dai servizi sociali dei Comuni, passa per i Tribunali dei minori e arriva fino alle strutture che li ospitano. E’ tutto da riformare!”
Altrimenti succedono queste cose e ce ne scandalizziamo solo quando lo apprendiamo dai media, ma intanto per troppi bambini c’è ancora poca tutela.
C’è qualcosa che non funziona nel controllo dei Servizi Sociali sugli abusi sui minori e nella verifica dell’adeguatezza dei genitori a svolgere il loro ruolo. Non si deve fare d’ogni erba un fascio. Ci sono i Servizi che funzionano bene, ma troppe volte bambini sono stati massacrati, seviziati o uccisi da uno o entrambi i genitori o dal convivente senza che i Servizi Sociali fossero intervenuti pur essendo al corrente di certe situazioni. Oppure in altri casi sono intervenuti a sproposito innescando quelle procedure che poi hanno portato all’allontanamento ingiustificato dei figli dalle loro famiglie, che in realtà potevano essere aiutate, diversamente e senza il relativo trauma, a risolvere qualche criticità.
“L’attuale sistema degli affidi dei minori alle case-famiglia o a comunità terapeutiche o educative si basa su un meccanismo che si presta all’arbitrio – spiegava l’avv. Franceschini– perché spesso le relazioni degli assistenti sociali sono viziate dalla soggettività del giudizio e non si basano su prove certe. Ovviamente – precisa – non voglio generalizzare né gettare la croce sulle spalle dei Servizi Sociali che moltissime volte svolgono un’attività egregia, ma è il sistema che non funziona e va riformato”.