500 mila firme contro l’autonomia raccolte in un mese. Ma vogliono arrivare a 1 milione entro il 30 settembre. Nelle intenzioni della sinistra, che ha promosso la sottoscrizione per indire il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata approvata il 26 giugno scorso, è di dare una prima spallata al governo Meloni. Si sono tutti mobilitati, Cgil in testa. Così non serve nemmeno la richiesta delle 5 Regioni disposte a fare la medesima battaglia (Toscana, Emilia-Romagna, Campania, Puglia, Calabria).
Le firme contro l’autonomia
Il referendum ha lo scopo di abrogare quella che la sinistra chiama la “Legge Spaccaitalia”. Demagogia pura per spaventare gli elettori meridionali. Perché la spaccatura Nord-Sud esiste già. E non dipende certo dall’autonomia che verrà.
Ed hanno gioco facile, perché nel Sud è radicato una mentalità centralista e statalista. Ma non per motivi ideologici. Semplicemente perché storicamente puntano sull’assistenzialismo e temono che con l’autonomia differenziata arrivino meno soldi. Ed è questo che gli fanno credere.
E’ lo stesso motivo per il quale il Sud s’è opposto all’abolizione del reddito di cittadinanza. Non per niente il M5S, che il reddito di cittadinanza l’aveva istituito e lo voleva mantenere, è nel meridione che ha fatto, il pieno di voti. Ed è su questo timore ci marciano tutti quelli che non vogliono l’autonomia.
Ma il problema del Sud non sono i soldi. Dai tempi della Cassa del Mezzogiorno ad oggi ne sono arrivate vagonate. Il problema è che sono stati gestiti male. La colpa è della classe dirigente meridionale. Non di altri. E tanto meno dell’autonomia.
L’inefficienza, la disorganizzazione, l’illegalità diffusa, il disordine sono all’origine dell’arretratezza, delle difficoltà e del malessere del Sud. Se le cose non funzionano la colpa non è del Nord, come ha detto l’ineffabile presidente della regione Sardegna, Alessandra Todde.
La colpa è di quella classe dirigente che, tanto per fare l’esempio più eclatante, costringe centinaia di migliaia di loro concittadini a venire in Veneto, in Lombardia o in Emilia per curarsi. E la colpa non è nemmeno dei medici del sud, che quando vengono al Nord sono dei bravissimi professionisti.
A spaccare l’Italia è quella loro classe dirigente che da decenni continua a comportarsi così.
Autonomia: sussidiarietà e responsabilità
L’autonomia si fonda su 2 principi: la sussidiarietà e la responsabilità
La sussidiarietà significa che ciò che può fare il livello più basso delle istituzioni non dev’esser fatto da quella più alto. E viceversa. Della serie che se il Veneto è in grado di curare i propri cittadini o di gestire le proprie strade o i propri acquedotti lo deve fare da sé. Lasciando che lo Stato di occupi d’altro, che ne ha abbastanza.
Al contrario, se la Calabria ha dimostrato di non essere in grado di gestire la propria sanità, o la Sicilia – che l’autonomia che l’ha già- i propri acquedotti colabrodo e muore di sete, deve subentrare lo Stato
E, per il secondo elementare principio di responsabilità, la classe dirigente di queste regioni dev’essere esautorata e sostituita dal livello superiore con lo strumento del commissariamento.
Altro che “Legge Spaccaitalia”! Il divario Nord-Sud esiste già.
Ma l’autonomia non c’entra. C’entrano l’incapacità e la de-responsabilizzazione della classe dirigente meridionale. Con l’autonomia differenziata, devolvendo tutta una serie di competenze alle regioni che l’hanno richiesta, lo Stato sarà anche sgravato di altrettanti compiti e potrà dedicare più attenzione ed energie al Sud che, se gestito bene, ha delle potenzialità enormi e potrebbe diventare la nostra California.
Al contrario, continuare come si è fatto negli ultimi 80 anni, con il centralismo statalista, con l’assistenzialismo, la demagogia, il reddito di cittadinanza e la de-responsabilizzazione il solco sarà destinato a diventare sempre più profondo.