Gli artigiani stanno scomparendo. Tra il 2012 e il 2023 ne sono venuti a mancare 410mila, 73mila solo nel 2024. 

Nel 2012 erano 1.867.000. Oggi ce ne sono 1.457.0001. Lo scrive la Cgia di Mestre che di artigiano se ne intende visto che è la confederazione degli artigiani. E mette in guardia su questa pericolosa tendenza. 

Se già oggi è difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista, domani sarà impossibile.

Calano anche le aziende artigiane. Nel 2008 erano 1.486.559 ed  oggi sono 1.258.079. Nel calo vanno considerate anche le aggregazioni di aziende, per cui la dimensione media dell’impresa artigiana è aumentata. Ma all’origine c’è una pressione culturale negativa che ha svalutato il lavoro manuale. Così oggi se ci si rompe un tubo non riusciamo a trovare un idraulico, ma in compenso possiamo trovare avvocati ad ogni angolo di strada.

Gli artigiani stanno scomparendo
gli arnesi dell’officina

In questo ha una grave responsabilità chi ha gestito la scuola e l’orientamento scolastico, che ha contribuito a far percepire l’insegnamento dei lavori manuali come una scuola di serie B.

Uno dei motivi per i quali la Germania è il paese industriale più forte d’Europa è proprio perché ha storicamente incentivato la formazione tecnica. Il ragazzo diplomato in una scuola tecnica ha la possibilità di essere impiegato subito nell’industria e nell’artigianato, di guadagnare subito e di rendersi autonomo prima degli altri suoi coetanei che hanno scelto la strada dell’università, magari utilizzata come parcheggio di disoccupati.

Gli artigiani che non si trovano

Non esistono quasi più calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri

Si salvano i parrucchieri, gli estetisti e i tatuatori. 

Crescono i lavoratori autonomi della galassia informatica, di gelaterie, le gastronomie, lavanderie a gettone e pizzerie per asporto.

Si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti, gli autoriparatori, i sarti, i pasticceri, i fornai, i parrucchieri, le estetiste, gli idraulici, gli elettricisti, i manutentori delle caldaie, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i batti-lamiera. Nell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri.

Cambia anche il panorama urbano. Tantissime botteghe artigiane hanno chiuso. E così sono sparite le loro insegne le loro vetrine. Al loro posto saracinesche abbassate. Segno di degrado, perché vengono meno punti di aggregazione sociale, cui segue la desertificazione che produce inevitabilmente insicurezza.  In più le persone anziane cadono in disfi olà per andare a fare la spesa per la vacanza delle botteghe sottocasa.

Causa da non trascurare il sistema commerciale globalizzato che ha prodotto i centri commerciali, l’e-commerce e i prodotti consegnati a domicilio.

L’economia italiana si fonda sul manifatturiero, cioè quel settore che “fa” con le “mani”. E’ quindi pura follia perdere i primi protagonisti della nostra produzione che sono gli artigiani e coloro capaci di fare con le mani. E’ quindi urgente saper rilanciare questo antico sapere.

Vercelli, con il -32,7% di artigiani in meno, è la provincia con la maggior flessione, seguita da Rovigo, Lucca e Teramo.

In termini assoluti Verona tra il 2012 e il 2023 ha perso 10,267 artigiani pari al 26,9% ed è la 17^ provincia in questa preoccupante classifica dove compare ancheTorino (-21.873), Milano (-21.383), Roma (-14.14), Brescia (-10.545), e Bergamo (-10.237).