(di Paolo Danieli) Regionali del Veneto. Manca un anno. Svanita la possibilità di una ricandidatura Zaia, improponibile per il solo fatto che sarebbe stato il 4° mandato, ossia 20 anni di presidenza, cosa che il legislatore non avrebbe mai nemmeno immaginato, si sono fatte varie ipotesi sul candidato presidente. Quello del centrodestra. Perché, a meno di clamorosi errori, pare improbabile una vittoria della sinistra. Non solo per il contesto politico di base del Veneto, notoriamente di destra, ma per le divisioni di quell’area che non riesce a trovare un’identità precisa da presentare agli elettori.
I numeri direbbero che ad esprimere la candidatura toccherebbe alla Meloni, ma la Lega insiste per trattare sul nome di uno dei suoi e Forza Italia già da tempo ha proposto Tosi.
A decidere sarà il tavolo nazionale in base a tutta una serie di valutazioni, di pesi e contrappesi non necessariamente regionali che rendono la questione ancora aperta a tutte le soluzioni.
Anche perché una carica del peso della presidenza di una delle regioni più importanti d’Italia, non può essere decisa solo secondo la logica destra/sinistra o alla luce del puro peso elettorale dei singoli partiti. Va tenuto conto anche di altri fattori, come la capacità di raccogliere consenso, la competenza, il curriculum e la territorialità.
Ecco, la territorialità. Perché essendo l’elezione di una regione, ovvero di una porzione dello Stato, è giusto ed anche logico che sia tenuta in considerazione la rappresentanza delle diverse aree che la compongono.
L’Adige di questo aspetto ha già scritto. Ma adesso che le elezioni s’avvicinano è bene ricordare che nella nostra regione c’è un’anomalia: sono 50 anni che Verona non esprime un presidente regionale. Per non fare il brodo troppo lungo ecco qui di seguito i link di alcuni articoli su questo tema:
Come veronesi, non importa se di destra o di sinistra, dovremmo fare ben attenzione che il prossimo presidente del Veneto sia uno che dia garanzie di avere la volontà politica di riequilibrare una situazione che nella regione sta penalizzando la nostra provincia da troppi anni.
A Venezia durante gli ultimi 30 anni s’è formata un’incrostazione nei potere che esclude Verona da tutte le scelte importanti. Le posizioni che contano nella stanza dei bottoni sono tutte in mano a padovani, trevigiani e veneziani. A cominciare dai due ‘dogi’ che si sono susseguiti dal 1995i, Galan e Zaia, rispettivamente di Padova e di Treviso.
Regionali. Il presidente dev’essere veronese
Chi mastica un po’ di politica , quanto meno la osserva con una certa attenzione, ha ormai ben chiaro che il potere regionale è racchiuso in un triangolo ai cui vertici ci sono Venezia, Padova e Treviso.
Verona nel corso di 30 anni è stata progressivamente marginalizzata. E’ diventata periferia. Non è un’impressione. E’ certificato anche dall’assetto che si è data Confindustria che si è strutturata con una sua associazione autonoma del Veneto Est.
La scelta del candidato alla presidenza regionale non può non tenere conto di questa anomalia. E devono essere soprattutto i veronesi a farla pesare nelle sedi opportune perché il rinnovo del Consiglio Regionale e del Presidente della Regione è un’occasione unica e da non perdere perché venga garantita una rotazione e venga scelto un candidato veronese che sia garante di quel riequilibrio necessario allo sviluppo della nostra provincia oltre che dell’armonia tra le varie aree del Veneto.
E’ questa l’esigenza principale che dovrebbe stare in cima ai pensieri dei politici che ci rappresentano. Manca un anno. In realtà molto meno, perché i giochi si fanno prima. Quindi, politici veronesi di tutti i partiti, datevi una mossa per trovare un accordo su un nome che possa esser garante del futuro di Verona e del suo territorio.