Quello che vedete in apertura è il grafico dell’andamento del titolo Stellantis negli ultimi cinque anni: dal massimo registrato il 20 marzo scorso (€ 26,66€/azione) siamo passati a € 12.12 della chiusura di venerdì scorso con una perdita netta di 439 milioni di capitalizzazione di Borsa.
Parliamo di Stellantis perchè è quello che resta del polo automotive nazionale, ma se Sparta piange Atene non ride: anche il polo auto francese e tedesco vivono la peggiore stagione degli ultimi decenni. Come mai? Soltanto colpa dell’Unione Europea e del suo green deal col blocco dei motori termini fissato al 2035? No, la crisi è peggiore di questo.
Ce lo spiega l’ultimo Radar SWG: l’automobile in Europa non è più così necessaria. Non è più lo status symbol di una volta, e averne una di proprietà è più una scocciatura che un vantaggio. Ben il 6% del campione del sondaggio ha cambiato idea da gennaio ritenendo l’auto di proprietà fondamentale o importante.
La crisi del settore auto è legata soprattutto all’aumento dei costi che l’inserimento delle nuove tecnologie ha comportato: per i baby boomer comprare l’auto voleva dire impegnare un anno o poco più di stipendio. Oggi, Adas, misure antiinquinamento, telecamere, connessioni, rendono un’auto nuova un impegno ben maggiore. Tutti giocattoli elettronici che bisogna comprare in Cina o in Corea che aumentano la dipendenza strategica europea e che rendono anche la manutenzione dell’auto un qualcosa di impossibile per un automobilista medio. Chi negli Anni Sessanta e Settanta poteva fare da solo qualche lavoretto in garage adesso ne è totalmente impossibilitato. E al boom dei costi delle auto non è corrisposto un incremento dei salari proporzionale dato che l’industria europea è sotto scacco per il dumping sociale che, Cina in testa, viene fatto impedendo di fatto una crescita dei salari.
Le strategie difensive delle case automobilistiche – concentrazione dei brand, piattaforme uniche per più modelli – forse hanno salvato al momento i profitti delle compagnie, ma hanno reso il mercato povero di vera offerta. Intendiamoci, vengono sfornati nuovi modelli in numero impressionante, ma sono vetture tutte uguali, con scarsa anima e zero identità, che non sollecitano la fantasia degli acquirenti. L’auto diventa sempre meno una passione e sempre di più un mezzo per portarti dal punto A al punto B e a quel punto va bene comprare anche un’auto cinese o indiana…
Cosa fare per uscire da questo vicolo cieco che sta distruggendo l’industria italiana ed europea? Il Radar SWG indica tre soluzioni: drastico abbassamento dei prezzi (ovvero intervento dello Stato per incentivare il rinnovo del parco-auto); innovazioni tecnologiche per tornare al vertice del mercato e rilancio del made in Italy investendo sulla qualità.
Quanto all’inquinamento ed alle emissioni di CO2: è chiaro per gli automobilisti italiani che non è l’Europa la maggiore area del mondo per emissioni e il trasporto il settore responsabile delle maggiori emissioni. Gli inviti a cambiare auto per scelte etiche funzionano quindi molto meno che in passato come dimostrano gli ultimi dati mensili di vendita delle auto elettriche: meno 40% mese su mese allo scorso agosto.
Insomma, è la tempesta perfetta: costi alle stelle, modelli senza appeal, fuga in avanti della politica. Salvare l’auto europea sarà una sfida improba. E servirebbe il coraggio di cambiare paradigma.