Giorgia Meloni è una cosa, il suo governo un’altra. E’ un po’ questo il mantra che si sente nell’analisi dei primi due anni del governo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia. Daniela Santanchè e Gennaro Sangiuliano fanno più danni al centrodestra che non Elly Schlein, Giuseppe Conte, Matteo Renzi e Carlo Calenda tutti insieme. Ma è anche quello che emerge dall’ultimo Radar SWG che ha sondato sull’argomento elettori di Giorgia e non.

Il risultato è abbastanza chiaro: il governo è destinato ad andare a fine legislatura – i punti di divisione sono poca cosa al momento per l’elettorato testato dalla società demoscopica – ma un rimpasto forse sarebbe indicato per rivitalizzare l’azione del Governo che paga l’incapacità di produrre temi nuovi, proposte nuove e concrete per uscire dalla routine dell’immigrazione, del debito del super-bonus, dell’Europa brutta e cattiva e della guerra.

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Partiamo dalla durata del governo: la grafica qui sopra dice chiaramente che gli elettori vedono con maggiore chiarezza la fine della legislatura come orizzonte temporale del primo governo Meloni (eh già, ma se arriva a fine legislatura con FDI al 30% chi la toglierà dal Chigi bis?) e questa percentuale sale dal 25 al 40% mentre, in maniera speculare, si dimezzano coloro che sono convinti che Giorgia salirà presto al Colle per rassegnare le dimissioni da Presidente del Consiglio.

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Cosa la fa rischiare però? detto che l’opposizione riesce quasi sempre a farsi male da sola, anche il centrodestra di governo rischia di suo proprio a causa della carenza di personalità competenti nella sua compagine ministeriale. Se è scontato questo giudizio negli elettori all’opposizione, la conferma viene anche dagli elettori della destra che crescono di tre punti in questa convinzione rispetto a tre anni fa.

Un elettore su quattro vede nelle diversità fra le forze della coalizione un motivo di possibile caduta. Giorgia Meloni in due anni e mezzo di guida del Governo però ha perso molto della sua immagine populista, tanto efficace nell’intercettare il voto popolare, ma dannosa nel day-by-day coi problemi sul tavolo da risolvere. Persino a sinistra questo non è più un problema – viene evidenziato da un elettore su cinque – e specularmente nel centrodestra sale al 14% il numero degli elettori che contestano alla premier l’esser diventata troppo “moderata”.

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Un altro elemento in negativo è l’aver perso la capacità di parlare direttamente alla gente con parole semplici – un dato legato anche alla complessità del momento che sarebbe difficile da gestire per chiunque -; questo ha allontanato Giorgia Meloni dalla gente comune anche se resta positiva la capacità di condividere la vision del Governo sull’Italia del prossimo futuro.

Cosa può mettere in crisi Giorgia? scordatevi le diverse visioni su tasse e bilancio dello Stato; scordatevi il derby Ucraina-Russia; scordatevi Bruxelles (appena il 18% degli elettori di centrodestra la vede come elemento divisivo). Resta sul piatto il problema della qualità del personale politico ed il comportamento dei ministri. Giorgia è una cosa; i suoi ministri un’altra. Alla fine il problema sta proprio lì. E quindi un rimpasto non potrebbe che risultare salutare per chiudere questa legislatura e puntare direttamente alla riconferma.