(di Paolo Danieli) Che cosa farà Trump adesso che è stato eletto presidente? Tutti si pongono questa domanda. Specie chi, come noi italiani, è sottoposto alla sfera d’influenza americana decisa a Yalta nel 1945 dai vincitori della 2ª guerra mondiale. Ma se lo domandano anche gli altri, dato il peso enorme della potenza economica e militare degli Usa.
Per quel che riguarda la politica interna sappiamo già che farà una lotta serrata all’immigrazione illegale e metterà dei dazi a protezione dell’economia di casa. Cosa che in parte può incidere sulle nostre esportazioni, ma che comunque fa parte degli affari interni degli States.
Per la politica estera invece c’è una grande aspettativa per la guerra in Ucraina. Trump ha sempre detto di volerla far cessare. E per questo ha generato grandi speranze in Europa, l’area interessata più da vicino e più danneggiata dalle ricadute economiche negative del conflitto.
Per capire se metterà in pratica quanto promesso bisognerà aspettare però il 20 gennaio, data in cui entrerà in carica ufficialmente secondo la bizzarra legge americana.
Ma, come si sa, non sempre le promesse elettorali vengono mantenute.
Gli scenari possibili sono sostanzialmente due.
Trump. Le 2 opzioni sulla guerra in Ucraina
Il primo è che ancora prima di rimettere piede alla Casa Bianca Trump intavoli delle trattative con Putin per far finire la guerra con una pace che prenda atto dello status quo, liquidi il regime di Zelensky e assegni all’Ucraina il ruolo di stato cuscinetto dopo libere elezioni.
Gli americani hanno voluto la guerra. Gli americani la fanno finire.
Sarebbe la soluzione più logica, facile e lineare. D’altra parte il nemico principale per Trump è la Cina. Non la Russia, che avrebbe preferito avere dalla sua parte ma che la politica idiota e guerrafondaia di Biden ha spinto nelle braccia di Xi Jinping.
Tutti gli effetti sarebbero positivi. Per gli ucraini innanzitutto perché smetterebbero di morire inutilmente. Per noi italiani, perché finirebbero le sanzioni che fin dal 2014 hanno tanto danneggiato la nostra economia e quella del Veneto in particolare. E poi perché crollerebbe il prezzo dell’energia; tornerebbe a funzionare il gasdotto Nord Stream; l’industria tedesca riprenderebbe a girare e con essa quella dell’intero Nordest. Senza dimenticare che l’Ucraina è il granaio d’Europa e che, finita la guerra, potrà riprendere questa funzione e senza contare il lavoro per le nostre imprese che potrebbero aver parte nella ricostruzione dell’Ucraina.
Trump ha promesso agli americani una nuova età dell’oro. La fine della guerra in Ucraina sarebbe anche l’inizio di una nostra età dell’oro. O se non altro di un altro boom economico.
Ma questa è solo la prima e più augurabile possibilità.
Il secondo scenario è pericoloso. Trump, pragmatico com’è, si potrebbe giocare la carta ucraina in chiave interna. Anche se con Putin ha avuto un rapporto migliore di Biden e tra i due ci sono le condizioni per un dialogo, non si può nemmeno dire che sia un amico della Russia. Non dimentichiamo che quand’era presidente ha confermato le sanzioni a Mosca decise da Obama.
Quindi potrebbe mantenere le promesse elettorali di tirar fuori gli Usa dalla guerra, però senza farla finire, ma lasciandola in gestione ai paesi europei della Nato.
D’altra parte quei governi non si sono dichiarati entusiasti della causa di Zelensky fin dall’inizio? E non hanno sempre fatto finta di credere alla favola che è necessario bloccare Putin in Ucraina per evitare che invada tutta l’Europa? Come potrebbero opporre un rifiuto al potente alleato d’oltreoceano?
Il che sarebbe una disgrazia. Per l’Italia vorrebbe dire mandare ancora più soldi in Ucraina, aumentare le spese militari, sottraendo risorse alla sanità. Inoltre scaverebbe un solco più profondo nei rapporti con la Russia. Ne soffrirebbe ancora di più la nostra economia. Senza contare il rischio di un coinvolgimento diretto nella guerra. Cosa inaccettabile che rischierebbe di creare gravi tensioni interne ai paesi Nato.
In termini più generali la cosa più importante da capire è in che modo Trump trasferirà in scelte politiche il suo “Make America great again”.
Se continuerà a pensare che la grandezza degli Stati Uniti consista nella missione di esportare ovunque il proprio modello di democrazia e di libertà, facendo il poliziotto del mondo con tutto quel che ne consegue in termini di guerre.
Oppure se si concentrerà nell’accrescere il benessere economico e la qualità della vita del suo popolo, disimpegnandosi dai vari scenari strategici e prendendo atto che il mondo è diventato multipolare e che la grandezza di una grande nazione come quella americana sarà di lavorare affinché si instauri un nuovo equilibrio globale realizzando quella che nel secolo scorso era stata definita la “coesistenza pacifica”.