Nei primi 2 anni di governo Meloni l’occupazione è cresciuta di 847mila unità (+3,6%): 672mila posti di lavoro dipendente e 175mila autonomo. Lo comunica la Cgia di Mestre, sempre attenta a fotografare l’andamento dell’economia italiana.
I contratti a tempo indeterminato: + 937mila. A termine -266mila. Il lavoro precario è sceso al 14,4% rispetto a ottobre 2022. Disoccupati -1.473.000 (-496mila) e gli inattivi a 12.538.000 (-198mila).
Di questi 847mila nuovi posti di lavoro creati in questi ultimi 2 anni 420mila sono donne.
Nella fascia 15-64 anni il tasso di occupazione è salito al 62,5% (+1,9). Il tasso di disoccupazione è sceso al 5,8 % (-2 punti).
Diminuisce anche il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni): 17,7% (-5 punti).
Il Veneto, con il Trentino-Alto Adige è la regione con il tasso di disoccupazione più basso d’Italia: il 2,9
Il contributo alla crescita è venuto dagli over 50. Degli 847mila nuovi occupati, 710mila (pari all’83,8% sono aver 50. Aumenta anche l’occupazione giovanile. Unica eccezione la fascia 35-49 che perde 66mila lavoratori. Determinante il fatto che le imprese sono sempre più orientate ad assumere persone con esperienza.
Sia il Nordovest che il Nordest presentano maggior monte ore di lavoro autorizzato.
Tra il 2022 e il 2024 è la Sicilia che dovrebbe registrare il numero più elevato di nuovi posti di lavoro pari a 133.600 (+10%). Il Sud, grazie al buon andamento delle esportazioni, delle costruzioni e degli investimenti pubblici correlati al Pnrr, parerebbe registrare l’incremento occupazionale più importante d’Italia, con quasi 350mila addetti in più negli ultimi due anni. Anche per quanto concerne la contrazione dei disoccupati, sarebbe sempre il Sud la macro area più dinamica del Paese.
Ma non sono solo rose e fiori. All’aumento dell’occupazione non è corrisposto quello della produttività. Gli stipendi italiani, sotto la media europea, non crescono. E questo è un problema.
E in prospettiva la guerra sta minando la produzione industriale specie in Germania a Francia. Una risposta che suggerisce la Cgia e di “spendere bene e presto i soldi del Pnrr. Con la messa a terra entro il 2026 dei 130 miliardi di euro che abbiamo ancora a disposizione, possiamo dare un contributo importante all’ammodernamento del Paese ed evitare una nuova crisi che, ai più, sembra essere alle porte”.