(p.d.) Paolo Borchia è uno dei pochi politici italiani presenti assieme a Giorgia Meloni alla cerimonia d’insediamento di Donald Trump.
“Congratulazioni e buon lavoro al presidente americano Donald J. Trump, 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America, un amico e un alleato dei Patriots of Europe e un punto di riferimento per tutto il mondo conservatore, su entrambe le sponde dell’Atlantico. Dopo anni di follie woke e politicamente corretto, oggi a Washington si respira un clima di grande entusiasmo”.
Questa la dichiarazione a caldo dell’eurodeputato veronese.
“Da Donald Trump un discorso concreto, pragmatico e molto chiaro: a differenza di quanto avviene a Bruxelles, sentiamo un leader politico che parla di difendere lavoratori e imprese. Dal contrasto all’immigrazione clandestina sigillando i confini al superamento del Green deal, liquidato con la semplice frase ‘potrete acquistare l’auto che vorrete’, passando per la tutela della famiglia tradizionale e la difesa delle libertà, mettendo i cittadini sempre al centro dell’azione amministrativa. Un cambiamento radicale, come richiesto dagli elettori. Parole chiare che fanno ben sperare per questi anni, e devono essere un modello da seguire anche in Ue, per far tornare grande anche l’Europa”.
Irritazione nelle cancellerie europee per il programma di Trump
Al contrario da questa parte dell’Atlantico s’avverte in molte cancellerie europee una certa irritazione per la dichiarata volontà di Trump di far finire tutte le guerre, Ucraina in primis. L’Unione Europea ha paura della pace. Perché? La risposta può essere solo una: perché si sente tagliata fuori dal negoziato Usa-Russia. Un’altra dimostrazione della sua irrilevanza politica.
L’esortazione/augurio che Borchia fa all’Europa è più che giusta, ed in perfetta linea con il vento che si è alzato in tanti paesi che vedono affermarsi i movimenti della destra, anche la più radicale. Ma al tempo stesso destinata a non essere ascoltata perché l’establishment di Bruxelles non si vuol rassegnare al cambiamento e persiste in quelle che oggi si manifestano sempre più come posizioni di retroguardia.