(di Giovanni Perez) Grazie all’attuale amministrazione, Verona si candida a diventare la capitale della «Cancel culture», un neologismo con il quale si designa la volontà di eliminare o rimuovere qualsiasi traccia o espressione ritenuta disdicevole, dannosa e perciò pericolosa, rispetto ad un pensiero a priori ritenuto valido, perfetto, l’unico meritevole di essere considerato vero, oltre ogni ragionevole dubbio.
La Cancel culture mette a tacere le opinioni sgradite all’establishment
Il risultato così raggiunto è sempre quello di mettere a tacere con la forza o la legge, le opinioni sgradite, che non si riescono a confutare ponendosi sul loro stesso piano. Ispirandosi a questo atteggiamento irrazionale e manicheo, l’attuale Amministrazione tempo fa introdusse una sorta di “giuramento antifascista”, così come durante il Ventennio si ritenne di chiedere ai docenti universitari di giurare devozione «alla Patria e al Regime Fascista». Siamo, come vede ogni persona mediamente intelligente, al paradosso, anzi, alle comiche. Tra non molto, ci saranno anche, in una qualche bacheca del Comune, i nomi di coloro che non hanno sottoscritto quella clausola perché espressione di una mentalità totalitaria, indicandoli al pubblico ludibrio.

Non contenta di ciò, sempre l’attuale Amministrazione, ha pensato bene di respingere quasi tutte le richieste del Comitato per le celebrazioni delle Pasque Veronesi con motivazioni risibili e addirittura offensive, come si ricava dalla lettura del comunicato diffuso dallo stesso Comitato, disponibile integralmente nella rete.
Andando oltre l’orizzonte della cronaca, merita invece portare l’attenzione sul fatto che, quanto meno, è stata fatta un po’ di chiarezza sulla natura degli schieramenti che si sono così delineati. Ancora oggi, nonostante i temi di cui si parla siano l’Intelligenza artificiale, i flussi migratori, il calo demografico o la transizione energetica, da una parte vi sono coloro che si richiamano alle ideologie rivoluzionarie, riconducibili all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese e, dall’altra parte, vi sono i controrivoluzionari, coloro che difendono i principi della civiltà tradizionale. Per i primi, in quel lontano aprile del 1797, meritano di essere definiti patrioti coloro che accolsero come liberatore l’esercito francese, mentre per i secondi, i veri patrioti furono invece gli insorgenti veronesi che, emulando la gloriosa epopea della rivolta antigiacobina della Vandea francese, costrinsero i soldati francesi, responsabili di violenze, requisizioni e prepotenze, a rifugiarsi nei tre castelli presi a rifugio,
La vicenda delle Pasque Veronesi, perciò, lungi dall’essere una pagina di storia confinata in un lontano e polveroso passato, la cui celebrazione per l’attuale Amministrazione di sinistra rappresenta perciò un pericoloso ricordo da cancellare, con ogni mezzo, qualora non si riesca ad offrire di essa una visione “politicamente corretta”. Anche a destra si dovrebbe avere una identica sensibilità, una equivalente fermezza nei confronti di associazioni ideologicamente opposte che battono comunque cassa, il che, purtroppo, accade raramente.
Grazie al dibattito che la palese censura avvenuta ha determinato, l’Amministrazione in carica ha svelato anche un’altra sua vocazione, se capiamo bene, ancor più risibile e grottesca, quella di acclamare l’esistenza nella nostra città di ben due santuari, così come esistevano nell’antica Grecia, a Dodona come a Delfi, con tanto di sacerdoti, oracoli e pellegrini ansiosi di potervi trovare le risposte alle domande che più li affliggevano. In quei luoghi sacri i responsi, purtroppo, erano per lo più oscuri, mentre non lo sono quelli elargiti all’attuale Giunta Tommasi dai due presunti santuari veronesi, invocati alla bisogna, espressione massima del “scientificamente corretto”: quello dell’Istituto veronese per la storia della resistenza e dell’età contemporanea e quell’altro, ritenuto ancor più detentore del crisma della scientificità, ovvero l’Istituto di storia dell’Università di Verona.
Per gli adoratori di questi due santuari la Verità (con la “V” maiuscola!) è conosciuta soltanto dai loro sacerdoti, mentre agli altri, null’altro che miserabili ignoranti, è del tutto preclusa. L’Assessore Jacopo Buffolo è forse a queste fonti oracolari che si è affidato per legittimare la propria presa di posizione censoria che, essendo del tutto ideologica, poteva perciò essere dichiarata fin da subito, evitando inutili ipocrisie. In attesa dei prossimi oracoli, consigliamo al signor Buffolo almeno una lettura, quella della voce Pasque Veronesi, scritta dal grande storico veronese Luigi Simeoni e pubblicata sull’Enciclopedia Italiana nel 1937, prima che un qualche idiota cancelli anche quella in nome di chissà quale oracolo della «Cancel culture» in versione scaligera.