Arriva il Giro d’Italia e Castelnuovo del Garda ricorda un campione degli anni venti e trenta, Giuseppe Pancera detto Bepi che lego’ la sua vita al comune gardesano (allora Castelnuovo Veronese ) che gli intitolo’ il centro sportivo. Giuseppe Pancera fu un grande al quale manco’ veramente pochissimo per entrare al livello di Coppi o Bartali, con il quale era legatissimo, o Girardengo. Era un ciclismo eroico, che si svolgeva su strade e percorsi improbabili. Ciclista professionista nato a San Giorgio in Salici il 10 gennaio 1899 e morto a Castelnuovo del Garda il 19 aprile 1977 il Bepi fu autore di imprese epiche. Partecipo’ alla Grande Guerra. E a Castelnuovo del Garda lego’ la sia vita, in particolare con via Roma, e al panificio Vassanelli oggi Adami, dove lavorava come garzone. Al termine della giornata alle 11 inforcava la sua bicicletta e spariva , andava a fare il giro del Garda per allenarsi. Protagonista del ciclismo italiano nella seconda metà degli anni ’20, in evidenza soprattutto nelle corse in linea. Instancabile pedalatore e autore di fughe spericolate (vinse la XX Settembre del ’27 proprio al termine di una lunghissima galoppata solitaria), tenace e solido, dal carattere modesto e taciturno, si è reso protagonista di una buona carriera anche se i due titoli italiani conquistati nelle categorie minori avevano fatto sperare in successi ancora più eclatanti. Le sue doti di pedalatore erano coraggio, caparbietà, determinazione.
Forse manco’ un pizzico di fortuna. Come quella volta nel 1931 alla corsa piu’ lunga del mondo la Parigi Brest Parigi di 1186 km no-stop dove giunse terzo dopo essere stato a lungo in testa . Al ritorno in Italia con Assuero Barlottini al fianco ai giornalisti dirà: “è stata una corsa mostruosa di 1186 km. in una tappa sola ed inumana, disputata da atleti addormentati e deliranti i cui gesti risultavano incoscienti, la cui volontà subisce tragiche eclissi sotto gli assalti del sonno, della stanchezza e dell’inedia”. I suoi anni migliori, probabilmente, sono stati il 1928 e 1929, due secondi posti al Giro e al Tour. La Maglia Rosa, pensate, venne istituita a partire dal Giro del 1931. Ma ecco come Giuseppe Pancera stesso racconta la propria carriera a Manlio Damiani, prezioso e caro amico, grande appassionato di ciclismo, tra i primi sostenitori degli Aquilotti Veronesi. L’interessante documento e’ stato dato dallo stesso Damiani al Gruppo Sportivi Veterani Veronesi. “Mi chiamo Giuseppe Pancera e sono nato a San Giorgio, in Salici l’11 gennaio 1899. Mio padre era contadino, ma coltivava anche i bachi da seta, cosa che allora era considerata segno di ricchezza. Incominciai a lavorare a soli 12 anni, ero aiutante fornaio a Castelnuovo – era il panificio Vassanelli oggi Adami ndr– prendevo 5 lire al mese, soldi che mio padre veniva a prendere ancor prima che scadesse il mese. Cosa ricordo di quei tempi? Soprattutto la polenta.
Allora si mangiava male, la carne e il vitello erano solo per la domenica. Sempre come fornaio andai a lavorare a Castelbelforte in provincia di Mantova con mio fratello Vittorio. La domenica terminavamo di fare il pane alle 11, si inforcavano, le biciclette e si andava a casa, lontana circa 30 chilometri. Allora pensavo che il mio mondo fosse quello e che nulla di brutto fosse arrivato a cambiare la mia vita, quando nel 1915 ecco la guerra: io e i miei fratelli fummo chiamati sotto le armi, io avevo solo 17 anni. Un bel giorno, ricordo che era di domenica, mi recai a Bussolengo per vedere due miei amici correre. Questi amici invitarono anche me a correre e benche’ avessi gli stivali alti e una pesante bicicletta da viaggio, accettai volentieri, e partimmo. Il percorso consisteva di tre giri: Bussolengo-Pastrengo-Sandra’- Castelnuovo-Bussolengo, in totale erano 80 km, ad ogni giro per il corridore in testa c’era un premio, di 10 lire, premio che riuscii a vincere per i primi due giri. AI terzo giro scoppio’ un tremendo temporale: io, che ero in testa, mi fermai volendo ritirarmi perche’ alle 19 dovevo riprendere servizio.
Ma il commissario tecnico della gara mi convinse a riprendere la corsa, ma nel frattempo circa trenta corridori mi avevano superato: cio’ nonostante riuscii ad arrivare terzo, una gioia immensa. Ormai la passione mi aveva preso e incominciai a correre ogni domenica.” Quante ne ha viste via Roma, un tempo strada normale di circolazione luogo di passaggio obbligato da e per Verona, dope passavano le corse ciclistiche, prima delle varianti fatte nel 1938, oggi area pedonale. Al termine della carriera, il Bepi compro’ un bar tabaccheria a Castelnuovo del Garda, ora bar Roma. Qui venivano a trovarlo i suoi amici, grandi ciclisti, di un epoca che non c’è piu’ e vive dei ricordi delle imprese storiche di uomini semplici. Nel 1934 l’ultimo Giro d’Italia lo vede 39esimo. Il Bar Roma oggi è stato ereditato da Luisa Casagrande dopo la morte della mamma Zita, la quale lo acquisto’ da Bianca Pancera, moglie del Bepi, nel 1956. La tabaccheria nel 1968.