(di Giorgio Massignan) La giunta, su proposta della vicesindaca Barbara Bissoli, ha approvato il metodo e i contenuti base della variante generale al PAT (Piano di Assetto del Territorio).
Le premesse teoriche che ha illustrato sono tutte condivisibili, sia per quanto riguarda il metodo, aperto all’ascolto e al confronto con le realtà cittadine, che per gli ipotetici obiettivi.
Nella sua esposizione ha sostenuto la limitazione del consumo di suolo, il miglioramento del trasporto pubblico, la diminuzione di quello privato e lo sviluppo delle vocazioni economiche del territorio, in particolare la logistica e il turismo.
Ha assicurato che saranno definiti i parchi urbani delle mura e della collina, e migliorato quello dell’Adige; che sarà pianificata una città policentrica, collegata da un sistema del verde e che, grazie all’aumento delle aree piantumate, verranno rigenerati anche i quartieri periferici; così come il centro storico sarà oggetto di analisi e di proposte specifiche.
Sono gli stessi argomenti espressi nel documento sulle linee programmatiche 2022-2027 del dicembre scorso.
In teoria è tutto apprezzabile, ma nella realtà non è stato per nulla chiarito come saranno risolte le questioni più critiche.
Si ha l’impressione che per le scelte più importanti sia stato già tutto deciso e che siano lasciati al dibattito pubblico solo gli elementi di contorno non determinanti per l’assetto del territorio.
Per esempio: il polo della logistica sarà realizzato recuperando le aree dismesse, o verranno impermeabilizzati e cementificati gli ettari agricoli della Marangona? Il Piano Folin e le relative deroghe definirà parte della pianificazione del centro storico o dovrà adeguarsi alle scelte del nuovo strumento urbanistico? Come si conciliano il parco delle mura con la costruzione delle piattaforme in cemento per la pratica dello skateboard di fronte ai bastioni di San Zeno, e il parco dell’Adige con il progetto al Pestrino? Le scelte della Variante n. 29 della passata amministrazione, con l’eccesso di destinazioni alberghiere e tanto altro, per nulla coincidenti con quanto esposto dalla vicesindaca, saranno confermate o bocciate? Le scelte del PAQE della Regione (Piano Area Quadrante Europa), tra cui la lottizzazione nella zona esondabile del Nassar, saranno contestate?
Per quanto riguarda la partecipazione alla pianificazione del territorio, la vicesindaca ha specificato che da settembre alla fine dell’anno, i contenuti del nuovo PAT saranno discussi in una serie di incontri e di assemblee che coinvolgeranno il maggior numero possibile di cittadini.
Si partirà dalle circoscrizioni e si proseguirà con gli incontri con l’università, con gli enti, con le categorie economiche e sindacali.
Ma temo che le più importanti scelte sull’uso del territorio siano già state definite precedentemente, e su queste non ci saranno spazi per modificarle; saranno presentate al pubblico, valutate e discusse, e dopo aver ricevuto le varie osservazioni saranno confermate e votate.
Va detto che la vera urbanistica partecipata non si limita a questo, è ben altra cosa.
Il metodo di partecipazione è necessario per creare un equilibrio tra attori forti (portatori di interessi economici e lobbies) e attori deboli (portatori di interessi generali e diffusi).
Ovviamente, il tempo necessario per portare avanti un reale processo di pianificazione partecipata è maggiore rispetto a quello della pianificazione ordinaria e non si può limitare a soli pochi mesi.
È necessario prendere contatto con il territorio, con la sua storia, anche sociale, quindi sviluppare le analisi sui veri fabbisogni della collettività attraverso assemblee, incontri, questionari e interviste.
Poi, con la formazione di gruppi di lavoro, determinare le risposte che può offrire il territorio.
Alla base di tutto ci dovranno essere alcuni principi fondamentali su cui attenersi: nessun consumo di suolo, recupero e riqualificazione dell’esistente e programma di riconversione ecocompatibile dell’intero assetto territoriale.
I tecnici avranno il ruolo di facilitatori del percorso partecipativo e sintetizzeranno le necessità e le relative risposte emerse, per concludere i lavori con la fase progettuale.
Esperienze riuscite di urbanistica partecipata sono documentate in vari stati europei e città italiane.
Se esiste la volontà politica di interrompere il processo che determina le scelte urbanistiche attraverso il rapporto tra il fattore politico e quello economico, per sostituirlo con la partecipazione democratica alle scelte d’uso del territorio, anche Verona potrà migliorare.