La sordità è un problema più diffuso di quanto si creda, anche se spesso non è presa in seria considerazione da chi ne è affetto.
I primi segnali, soprattutto dopo i sessant’anni, sono la necessità di farsi ripetere delle parole. ‘Come?’, ‘non ho capito…’, ‘scusa…’. Oppure la necessità di alzare sempre di più il volume della radio o della tv.
Nonostante ciò, spesso la persona colpita dall’ipoacusia, stenta a rivolgersi ad un otoiatra perché sottovaluta il problema, lo considera una specie di corollario dell’età che avanza. E soprattutto considera negativamente il ricorso ad una apparecchio acustico.
Sordità e protesi acustiche
Il principale motivo è estetico: non vuole che gli altri lo vedano. E poi ha paura che gli dia fastidio o di non esser capace di abituarsi ad un corpo estraneo nell’orecchio. Niente di più sbagliato. Prima di tutto perché se non s’interviene protesicamente la sordità tende ad aumentare.
E poi perché oggi le protesi acustiche sono arrivate ad un punto di perfezione tale da essere praticamente invisibili e con impatto estetico vicino allo zero.
Dai vecchi apparecchi acustici visibili e ingombranti siamo passati alle protesi digitali, non solo più piccole ed estetiche, ma con delle capacità di trasmettere il suono ‘pulito’, con la capacità di abbassare i rumori di sottofondo per far giungere più chiaro il suono, per esempio, di chi ti parla.
Molti infatti non considerano un fatto molto importante, che è la relazione fra sordità e decadimento cognitivo. Gli stimoli uditivi contribuiscono infatti a tenere attiva la corteccia cerebrale e la loro riduzione comporta anche una minor attivazione dei neuroni.