(di Bulldog) Il tema è stato sollevato da Matteo Renzi e Maddalena Morgante nelle ultime ore, in due diversi momenti-stampa: l’Europa ha un grave problema davanti a sé che non è legato alla soglia di sbarramento delle prossime elezioni continentali. Si tratta delle culle vuote della vecchia Europa certificate dai dati delle Nazioni Unite. Dei grandi Paesi europei, quelli con più di 40 milioni di abitanti, soltanto la Polonia cresce ad un ritmo importante: nel 2023 ha il 2,93% di abitanti in più rispetto al 2022. Con Varsavia, in terreno positivo ci sono la Turchia (più 0,56%), il Regno Unito (più 0,34) e la Francia (più 0,2%).
Gli altri grandi sono tutti in territorio negativo: la Germania perde lo 0,09% della popolazione, l’Italia lo 0,28% e la Spagna lo 0,08%.
A crescere sono in tutto 21 Paesi europei, a perdere abitanti invece 17 Paesi. La geografia delle nascite premia la Moldavia (più 4,98%); la Slovacchia (più 2,69%); l’Ungheria di Orban (più 1,9%); la Romania (più 1,19%) e il Lussemburgo (più 1,11%). Poi ci sono Olanda, Belgio, Svezia, Cechia, Austria, Svizzera, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Cipro, Malta e Islanda.
L’Europa delle culle vuote, in calo anche i paesi più giovani
A decrescere ci sono vecchi paesi come Italia, Grecia e Portogallo, ma anche -e questo è un dato interessante – altre nazioni giovani per età media, per data di indipendenza, per sviluppo economico: Lettonia, Bosnia, Albania, Croazia, Bulgaria, Slovenia, Serbia, Lituania ed Estonia.
Da questi dati alcune osservazioni: non sempre la crescita demografica sembra collegata all’immigrazione: Polonia, Romania, Ungheria e Moldavia non sono le mete più ambite da passeur e illegali. Non sempre la decrescita è legata all’economia: crescono i Paesi in difficoltà economiche più marcate ed anche quelli dove l’economia reale comunque corre. Calano i “nuovi ricchi” come le Repubbliche baltiche, ma anche quelli emergenti come Serbia e tutte le repubbliche ex jugoslave che ancora tanto benestanti non sono.
Seconda osservazione: politicamente il quadro è destinato a cambiare in breve tempo in Europa. Turchia e UK sono fuori dall’Unione, ma è chiaro che il peso della Polonia crescerà sempre di più e questo cambierà le politiche economiche (a svantaggio dei produttori mediterranei) e sociali. Cosa cambierà fra una generazione? Se tornasse il Regno Unito e, magari, entrasse la Turchia è chiaro che la presenza italiana nei luoghi di decisione verrà diluita sempre di più. Perdendo 1,5 milioni di abitanti ogni dieci anni – come ci è accaduto nel periodo 2014-2023 – è evidente che ci stiamo proiettando ad un ruolo di sicura irrilevanza politica…
E poi c’è il welfare: i paesi più grandi hanno sempre più pensionati e quelli chiamati a sostituirli sono sempre di meno. Anche ammesso di svuotare dei nuovi nati i Paesi più prolifici, i numeri non tornano. Vuol dire che l’Europa – se non vuole implodere sotto la bomba demografica all’incontrario – dovrà mettere a fattor comune la previdenza sociale e, ben prima di questo, avviare una politica pesante a favore della natalità europea. Sussidi, infrastrutture ma soprattutto un nuovo clima culturale: sembra paradossale, ma oggi gli investimenti vanno più a sostenere le politiche pro-aborto (il 19% delle politiche dell’OMS vanno in quella direzione) che non a promuovere un sentiment positivo attorno alla natalità.
Questi interventi potrebbero scorporati dai conteggi del deficit dei singoli stati membri, oppure andrebbe creato un fondo unico destinato, in primis, a quei Paesi dove più forte è la contrazione delle nascite.
Culle vuote in Europa, il “non tema” delle prossime elezioni
Come e quanto: di questo dovrebbero occuparsi il prossimo Parlamento e la prossima Commissione Europea, uscendo dalle lotte ideologiche e adottando un pragmatismo “operoso”. Anche perché un’Europa senza europei o con europei vecchi e stanchi sarebbe un interlocutore assai fragile nel confronto globale su lotta al riscaldamento globale e difesa dei diritti individuali e della stessa idea di democrazia.
E quindi le grandi battaglie ideologiche verdi o a promozione delle minoranze sessuali andrebbero a farsi benedire sotto la spinta delle autocrazie e delle dittature che sono maggioritarie nel mondo.