(di Bulldog) Ryanair (nella foto il suo CEAO Michael O’Leary preso a torte in faccia a Bruxelles da attivisti ecologisti) minaccia di tagliare rotte nel nostro Paese perché la Repubblica italiana chiede conto dei suoi prezzi e degli incrementi portati nonostante il crollo del costo del carburante registrato negli ultimi mesi. Finalmente una buona notizia. Prima Ryanair esce dal mercato italiano e meglio è. Perché la compagnia irlandese non è un benefattore, ma è una struttura che cresce a scapito delle finanze pubbliche. Perché sono le tasse degli italiani a sostenere questo vettore irlandese che per scegliere uno scalo chiede di essere sovvenzionato.

Intendiamoci, Ryanair ha contribuito come nessuno allo sviluppo del trasporto aereo, democratizzandolo, rendendolo meno elitario e meno costoso, aprendo nuovi territori ad un traffico che prima semplicemente non esisteva. Ma, ripeto, non è un benefattore: e il prezzo di questa democratizzazione lo hanno pagato i contribuenti italiani ed europei.

Nel 2017 gli scali italiani pagavano una stecca di almeno 100 milioni di ieri; per gli analisti francesi i Paesi europei hanno speso negli anni oltre 600 milioni. Ovvero, per essere chiari: per far viaggiare low-cost una massa di turisti squattrinati gli Italiani si caricano di una parte del costo del loro biglietto. Immagino che a distanza di qualche anno questa cifra non sia calata, ma cresciuta.

Siamo ben oltre i corretti  accordi di co-marketing che vengono realizzati per favorire la nascita o lo sviluppo di una tratta da compagnia e fornitori di servizi aeroportuali.

In più Ryanair – legittimamente per una sentenza di tribunale – non versa in Italia nemmeno un euro fra tasse e contributi previdenziali in quanto già le versa in Irlanda, un paese dell’Unione che pratica – non unico  peraltro – una sorta di dumping fiscale: sottrae le imprese agli altri partner europei facendo sconti sulle tasse da pagare.  

All’Italia, in cambio, restano quindi inquinamento atmosferico, CO2 bruciata, una massa di turisti mordi-e-fuggi che lasciano nelle casse delle località turistiche e nelle città d’arte certamente qualcosa, ma anche generano tanti costi che poi tocca alla comunità locale coprire.  Comunità che debbono poi continuamente investire nelle infrastrutture: aeroporti costruiti per far girare una massa di pezzenti. Anzi, per molti scali italiani Ryanair è diventata la sola scelta: sono talmente strategici che nessun operatore in regime di libero mercato ha trovato passeggeri “veri” in numero sufficiente per reggere il costo di un volo. Quindi, il guadagno nostro dove sta?

Ryanair, biglietti in crescita del 40%; cherosene giù del 40%

Nelle settimane passate il Corriere della Sera ha raccontato come  le tariffe aeree in Italia — su voli nazionali ed europei — siano aumentate anche del 40-45% nel primo semestre di quest’anno nonostante il costo del cherosene sia  diminuito di circa il 40%.

Ora, a casa mia, se si hanno soldi si va in vacanza. Altrimenti si resta a casa e ci si gode il giardino. Le vacanze non sono un diritto. Girare il mondo a 10€ è un’illusione, una farsa cui tutti si prestano. Ma che noi paghiamo. Dove è il nostro guadagno?

Ryanair e le “altre”: Alitalia e i “capitani coraggiosi”

 Sono quarant’anni che la Repubblica foraggia i trasporti aerei: Alitalia, aeroporti inutili, Ryanair, i residenti delle isole? Quanti altri dobbiamo foraggiare? Quanti miliardi abbiamo buttato via? Quanto utile hanno prodotto? Quante tasse incassate? Quanti contributi previdenziali incassati? Il bilancio di questo intervento statale è in pesante rosso. Pensiamoci quando non troviamo un medico o aspettiamo un anno per una risonanza magnetica…