(di Edoardo Cavalli) Il Veneto risente di un calo di iscrizioni per il percorso universitario in infermieristica, che registra un vuoto del 26% dei posti ai corsi, che restano scoperti. E’ quanto emerge da un’analisi del sindacato Nursind.
“Il Veneto purtroppo dovrà sempre più fare i conti con una emorragia di personale infermieristico che non accenna ad arrestarsi – dice il segretario nazionale di Nursind Andrea Bottega – I posti scoperti ai corsi di laurea in Infermieristica appena rilevati nelle università di Verona (con o senza considerare le sedi di Trento e Bolzano), Padova e Ferrara (sede di Adria) cominciano davvero a fare paura: si tratta di un 26% sul totale di quelli offerti, uno dei tassi peggiori in Italia“.
“A maggior ragione – aggiunge – se confrontati anche solo con quelli dello scorso anno accademico, perché confermano che ciò che abbiamo di fronte è proprio un trend negativo che si sta consolidando. Nonostante i posti messi a bando siano aumentati, infatti, le domande sono calate, lasciando scoperti, appunto, ben 459 posizioni su 1.782.
Se ipotizziamo che tutte le domande presentate vengano accettate senza selezione, e applichiamo la media consolidata del 25% di abbandoni o cambi di facoltà, gli infermieri che si laureeranno tra quattro anni saranno meno di mille. Poco più della metà dei posti offerti e meno di un terzo dei 3.000 richiesti dalla Regione“, continua Bottega.
Il segretario del Nursind, senza girarci troppo attorno, parla di un“quadro drammatico di fronte al quale la domanda angosciante da porsi è: come faremo a garantire i servizi con un gap di 2mila infermieri all’anno e se col passare del tempo avremo sempre meno iscrizioni ai corsi di laurea? Perché il nodo è tutto qui ed è un vulnus che riguarda tutta Italia: mentre su Medicina, infatti, con 80mila domande su 20mila posti, le richieste delle Regioni vengono evase, per Infermieristica siamo lontani anche da qualsiasi soglia di sicurezza”.
Per il sindacalista “la ricetta è una sola: prevedere da un lato aumenti di stipendio e dall’altro maggiore autonomia professionale. Non è possibile che le competenze acquisite con master e lauree specialistiche restino sulla carta e non si traducano nello svolgimento di attività che tra l’altro oberano il lavoro dei medici, dalla gestione dei codici bianchi nei pronto soccorso alle medicazioni o prescrizione dei presidi utilizzati dall’infermiere stesso” conclude.
L’appello alla Regione, infine, che arriva dal Nursind è a “farsi promotrice di una riforma delle norme sull’esercizio professionale per dare finalmente maggiore autonomia agli infermieri. Se si vuole rendere attrattiva questa professione, infatti, non c’è altra strada da seguire se non questa. Oltre, ovviamente, ad agire sulla leva degli stipendi. Solo così si potrà impedire che l’intero Ssn salti in aria e che interi reparti, se non ospedali, chiudano i battenti”.