(di Bulldog) Il dato mi pare oramai certo: in Europa gli immigrati irregolari non li vuole più nessuno. Figurarsi in Italia, se consideriamo col giusto peso l’ondata di proteste di sindaci e governatori di ogni colore politico. Oggi il presidente della Repubblica federale tedesca ha detto esplicitamente che “Dobbiamo fare ogni sforzo perché i carichi siano sostenibili e i numeri degli arrivi si abbassino. Nei primi sei mesi di quest’anno, abbiamo avuto 162 mila richieste d’asilo, un terzo di tutte quelle della Ue. In più, ci sono da noi al momento oltre un milione di rifugiati dall’Ucraina. Per questo la Germania, come l’Italia, è al limite delle capacità”.

La stessa Ursula von der Leyen, domenica, ha dichiarato che “decide l’Europa chi entra e chi no, non i trafficanti di uomini”. La Francia a Ventimiglia ha schierato i reparti di sicurezza con elicotteri e droni.

Il cambio di sentiment non è ‘sta  gran novità: basta andare a prendere un caffè ed ascoltare gli avventori: non si parla d’altro in fondo.

A non voler cambiare nulla restano Josep Borrell, commissario, catalano e socialista, agli esteri UE, e qualche parlamentare come i DEM Laura Boldrini, ex presidente della Camera, e Giuseppe Provenzano, responsabile esteri del partito, che hanno chiesto alla Commissione europea di bloccare l’accordo appena fatto con la Tunisia. Con loro le ONG e le cooperative che trovano nell’immigrazione irregolare ragion d’essere.

Persino Gianfranco Fini dice che è ora di cambiare la legge sull’immigrazione che porta il suo nome e che è vecchia di vent’anni.

Quindi, che facciamo? Gli immigrati coi barconi non li vogliamo e sarebbe giusto che questo cambio di umore europeo venisse esplicitato anche a queste persone che si spostano spinte da mille ragioni, ma che non troveranno più un’Europa aperta e disponibile come vent’anni fa. E’ cambiata la composizione sociale del continente, è cambiata l’economia, c’è una guerra ai confini che ha generato milioni di profughi europei che hanno una “naturale precedenza” nell’accoglienza.

Prima che la situazione degeneri e che scatti la caccia al nero o esploda la protesta nelle periferie italiane con le peggiori implicazioni immaginabili, e nell’attesa che funzioni il piano Mattei per l’Africa – bella e nobile idea che ha un solo difetto: chiederà anni di lavoro prima di significativi risultati – è il caso che il governo italiano esca dalla narrazione emergenziale ed elettorale e cambi le regole del gioco di sua iniziativa.

In primis, varando una nuova legge sull’immigrazione che riprenda modelli consolidati di successo – la normativa svizzera oppure quella australiana – con una postura netta: non si entra da clandestini. Chi lo fa, non resta un giorno. Altro che diciotto mesi. La nuova legge dovrebbe prevedere corridoi legali automatici: i cittadini esteri che vantano ascendenti italiani o che sono in possesso di determinati skill che ci interessano entrano subito. Anche con percorsi online sul modello portoghese. Gli skill che servono sono noti, ora serve solo farsi mandare i curricula…e non mi farei scrupoli con lo ius soli: se sono persone che servono è meglio se rimangono e se mettono su famiglia.

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Il modello italo-tedesco del 1955 per l’emigrazione “assistita”

Se chiediamo skill particolari allora bisogna iniziare a rendere omogenei i titoli di studio e favorire l’integrazione fra i percorsi di studio italiani e quelli di altri paesi e bisogna tornare alle Commissioni bilaterali.

E’ il modello che Germania e Italia hanno adottato quando la Germania – rimasta senza 17 milioni di maschi adulti in età da lavoro a causa della Seconda guerra mondiale – doveva essere ricostruita ed aveva bisogno urgente di manodopera: una Commissione valutava in Italia i profili dei candidati all’emigrazione che, una volta accettati, vedevano organizzati  il proprio viaggio e la propria prima accoglienza (finirono in tantissimi ex-campi di concentramento…). 

Verona, con Milano, era sede di questa Commissione italo-tedesca (si trovava vicino alla stazione di Porta Nuova e da lì sono passati milioni di gaestarbeiter, lavoratori-ospiti letteralmente). Funzionava talmente bene che gran parte del suo personale tedesco è rimasto anche quando la Commissione venne sciolta, diventando veronese a tutti gli effetti…

Facciamo una commissione italo-tunisina e iniziamo a togliere dalle mani degli schiavisti un po’ di materia prima. Insomma, basta copiare. Non è che ci serve un premio Nobel per questo…

Se serve, l’Italia esca dall’accordo di Dublino. Meglio affrontare da sola, senza i vincoli europei, ma con un nuovo ordinamento nazionale una questione nella quale è evidente nessun altro Paese europeo vuole e può darci una mano. Fra pochi mesi si vota, l’immigrazione sarà uno dei temi caldi e nessun vuole passare per essere l’amico di scafisti e clandestini.

Quindi, davanti alle frontiere chiuse – si parla chiaramente di sospensione degli accordi di Schengen in Austria  – è meglio se il governo italiano assume velocemente una postura più chiara verso i suoi elettori e verso chi vuole venire in Europa: le regole del gioco sono cambiate.

Ma per farlo bisogna che vi siano nuove regole. Altrimenti è solo ammuina elettorale. Ma non è per questo che i contribuenti mantengono i politici.